C’è un tempo in cui si tenta inutilmente
di riempire le crepe con un soffio.
Quando sorridi disperatamente,
è inevitabile –
senti
che dentro di esse c’è già
un castello di sabbia,
una chiesa con angeli piccoli e di nessuno ancora
e la patria di tutte le preghiere
calligrafiate per trequarti
e sospirate
per l’ultimo
iconico passo tra la polvere e la neve:
“Pietà di me, Signore, abbi pietà di me”
sono così
vicini
e separati
gli attimi sepolti nell’alto degli sguardi
toccati da una sola parola
Ramona Anamaria Secrieru