La liturgia odierna ci fa fare memoria degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Nel razionalismo in cui siamo immersi ci è difficile poter dire una parola su di loro senza scadere nel favolistico o peggio ancora nella semplice riduzione simbolica della loro funzione.
Certamente Michele, Gabriele e Raffaele li incontriamo in snodi importanti della narrazione biblica, ma essi fanno parte di quella misteriosa azione di Dio che si fa presente soprattutto quanto più è necessario. Il Vangelo, però, ci fornisce una chiave di lettura che può aiutarci a non uscire fuori dal seminato.
Il brano di oggi è tratto dal Vangelo di Giovanni e racconta del primo dialogo che Gesù ha con Natanaèle. Dopo un primo scambio di parole che sbaraglia il cuore di Natanaèle, Gesù dice: <<“Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!” Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio Se gli angeli rappresentano la mediazione tra Dio e gli uomini, il perfetto mediatore tra il cielo e la terra è Gesù.
È attraverso di lui che le cose del cielo vengono sulla terra, e le cose della terra salgono al cielo. È in lui che la contrapposizione al male rappresentata da Michele raggiunge il suo apice fino alle estreme conseguenze della vittoria sulla morte. È in lui che la comunicazione di Dio rappresentata da Gabriele raggiunge la trasmissione massima del suo messaggio di amore. È in lui che la guarigione da ciò che ci affligge rappresentata da Raffaele diventa massimamente compassione che salva.
Gesù è, insomma, ciò che rende visibile il mistero della vita di Dio oggi ricordata negli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Qui non si tratta di credere o meno alla presenza degli arcangeli, ma si tratta di decidere se crediamo o meno a Gesù come Figlio di Dio. Se lui è dawero il Figlio di Dio allora hanno senso anche gli Arcangeli, ma se Gesù non è il Figlio di Dio allora degli arcangeli ci rimane solo qualche sbiadita credenza new-age.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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