Ci sono tanti, troppi stimoli che giungono a Erode (il figlio). Sembra la homepage di certi social: piena di informazioni, di pareri, di giudizi. Tutti che dicono la loro sul fenomeno del momento, ma nessuno in grado di comprenderlo veramente. Non sappiamo cosa pensare, siamo disorientati, noi come Erode. Ci ostiniamo a leggere il nuovo con le etichette vecchie, con le esperienze del passato (Elia, i profeti, Giovanni che era e già non è più).
Se non siamo in grado di comprendere, è più facile eliminare la domanda alla radice, decapitarla. Abbiamo bisogno di avere tutto sotto controllo, e allora alziamo muri, chiudiamo porte, sbarriamo le finestre.
Chiudendosi dentro, Erode cerca, esige quasi, di vedere Gesù: non perché voglia davvero capire, voglia davvero incontrarlo; piuttosto perché è curioso, perché smania di ricondurre a sé anche il nuovo, l’incomprensibile, l’incondizionato. Non quindi per fare dell’incontro un’esperienza, un mettersi in gioco al cambiamento. Il suo diventa allora un agitarsi vano, inutile, che punta all’apparenza, al “che cosa penseranno di me se io…”.
E in tutto questo agitarsi, Gesù è solo nominato, non c’è. Perché Gesù è altro, è altrove.
Francesca Carraro
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato