don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Settembre 2020

LA PREDICAZIONE DISCHIUDE LO SGUARDO SU GESU’ CHE OPERA NELLA VITA DI CIASCUNO

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Probabilmente senza consapevolezza, in tutto quello che facciamo per realizzare e compiere la nostra vita, cerchiamo di vedere e raggiungere Gesù; siamo infatti suoi fratelli, creati dall’amore dello stesso Padre, e allattati dalla stessa sua Madre. Per questo “desideriamo vedere” il Signore vivo e all’opera nel matrimonio, nel fidanzamento, nel lavoro, nello studio. Lo andiamo a trovare dove si riunisce con i suoi discepoli, ma ci capita di sperimentare piuttosto la sua lontananza, e ci sentiamo “fuori” dalla sua cerchia perché la nostra vita, proprio quella che gli dovrebbe essere familiare, non cambia mai. E ci sfiora, sottile, la gelosia per quelli che, invece, riteniamo dei privilegiati, ovvero le persone che gli sono intorno e che ci sembrano oggetto della sua predilezione. E questo pensiero malizioso come il suo padre, è una barriera tirata su tra noi e Lui, e ci impedisce di avvicinarlo. Ci accade come ai fratelli di Gesù (i figli di un precedente matrimonio di Giuseppe secondo la più antica tradizione), che desideravano di vederlo per raggiungerlo e ricomporre così la famiglia.

Era parte di loro, non potevano sentirsi completi senza di Lui. Ma non avevano il potere di farlo perché la folla glielo impediva interponendosi tra loro e Gesù. E’ la folla nella quale siamo rimasti impigliati, la folla che lo segue, sia ben chiaro, nella quale si mischiano i curiosi, gli indifferenti comunque coinvolti dal suo passare nella storia, e i nemici, che non lo sopportano e tramano contro di Lui. E tu ed io siamo lì in mezzo, come quando ti ritrovi incastrato nel fiume di gente in una stazione centrale di Tokyo all’ora di punta; la corrente ti trascina senza poterle resistere, perché, senza che ce ne rendiamo conto, disegna per noi con i colori dei sentimenti e i tratti dei valori civili, un Gesù che assomiglia ogni istante di più a un idolo pronto a saziare ciò esige la carne con i suoi desideri, progetti e speranze: “il relativismo – quanto più diventa la forma di pensiero generalmente accettata – tende all’intolleranza, trasformandosi in un nuovo dogmatismo. Il politicamente corretto vorrebbe erigere il regno di un solo modo di pensare e parlare. Il suo relativismo apparentemente la innalza più in alto di tutte le grandi vette del pensiero finora raggiunte; soltanto così si dovrebbe ancora pensare e parlare se si vuole essere all’altezza del presente” (Card. Ratzinger).

Nei momenti di aridità, quando le ore si fanno difficili, questa folla di pensieri mondani che scivola sulla storia senza sapere da dove viene e dove va, ci seduce semplificando la realtà con la menzogna che nasconde il peccato per rendere vana la misericordia. Irretisce la nostra storia, che diventa anch’essa una folla anonima di fatti e relazioni che sembrano spuntare dal nulla e di cui non capiamo il senso. L’omologazione del pensiero mondano sbiadisce in noi l’immagine dello stesso padre, allontanandoci dal nostro fratello Gesù, la cui intimità è il compimento per il quale siamo stati creati e rigenerati nella Chiesa. La folla dei pensieri secondo gli uomini, infatti, ci seduce e incastra nella deriva che trascina verso il fallimento; i criteri mondani ispirati dalla menzogna del demonio rendono in noi vana la Grazia del battesimo che ci ha resi fratelli di Gesù, e ci lasciano “fuori” dall’intimità con Lui. E’ sempre la vecchia storia del peccato originale, del quale ormai quasi nessuno parla più: la superbia demoniaca ci spinge sempre più lontano dalla vita piena e felice del paradiso. Frustrati senza i miracoli che vogliamo, vaghiamo in cerca di piaceri e consolazioni come il figlio prodigo; storditi dalla idolatria di noi stessi, ci spingiamo come Esaù a cacciare affetti e prestigio “fuori” dalla nostra casa, lontani dalla famiglia, orfani e soli. Sudiamo e lavoriamo per pochi spiccioli; vorremmo amare, ma l’istinto egoista sporca e ferisce tutto.
 
Ma proprio in quel fallimento, Maria era accanto ai fratelli di Gesù, e non si trattava di un caso. Ella infatti, è immagine della Chiesa che segue i suoi figli anche nell’esilio dove li spingono i loro peccati; è nostra Madre, si accorge che siamo “fuori” dalla volontà di Dio perché sa chi manca all’appello. Per questo intercede per noi presso Gesù, offrendogli la possibilità di illuminarci: siamo stati chiamati a rinascere come suoi fratelli nel seno della Chiesa perché, vivendo una vita somigliante alla sua in virtù dello Spirito Santo, lo generiamo e partoriamo come “madri” feconde d’amore nei luoghi e nelle situazioni della nostra vita. I cristiani, infatti, sono i fratelli di Gesù strappati alla massa anonima che vivono come salmoni, risalgono la corrente che conduce gli uomini a gettarsi nel mare della morte, per indicare a tutti il cammino verso Dio, fonte della vita che non muore. Per questo la Chiesa ha a cuore la nostra primogenitura, che, come per il patriarca Giacobbe, è gestata “dentro” la casa del Padre, nella Chiesa. In essa, come accadde a Maria, la predicazione ci genera come figli di Dio nel suo grembo perché l’ascolto ci fa crescere nella fede in virtù della quale possiamo “vedere Gesù” all’opera nella nostra vita. Per la fede, infatti, “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,28). E come l’immagine si conforma all’Originale? Ascoltando le sue Parole che ci rivelano il suo volto autentico, completamente diverso dalla caricatura che ne fa il mondo. 

Per passare dalla visione ingannevole della carne avvelenata dalla menzogna del demonio alla contemplazione della Verità che risplende sul volto di Cristo, è preparato per noi un cammino di conversione da percorrere ogni giorno. La carne è un mezzo, perché Dio si è fatto carne, e con la carne giungeremo in Cielo. Ma per vedere Cristo risorto che prende dimora nella carne occorre uno sguardo diverso, come quello della Maddalena trasformato dalla Grazia. Accorsa al sepolcro per vedere Gesù, si aspettava un morto avvolto in bende. Per questo non lo riconobbe sino a quando Egli, da quella carne reale eppure diversa da quella familiare a Maria, non le parlò così intimamente da incendiare il suo cuore. Solo allora, da quell’incandescenza innescata dalla Parola che le ricordava e annunciava di nuovo il suo amore unico e infinito, gli occhi della Maddalena si aprirono per riconoscere il suo Signore. E’ la gratuità dell’amore annunciato che si fa carne in noi vincendo i suoi limiti che ci fa vedere Gesù. E’ infinitamente più di un semplice sguardo: significa essere attirati nella sua Pasqua che ci trasforma in creature nuove che vivono sulla terra in una nuova e compiuta relazione con Gesù. Ciò avviene nella Chiesa attraverso l’ascolto della Parola che ci apre gli occhi della fede per vedere il compimento di ciò che abbiamo cominciato ad essere con il battesimo; per discernere cioè le orme di Gesù nella nostra vita che ci conducono al Golgota dove distendere le braccia sulla nostra Croce e dare così alla luce Cristo per la salvezza del mondo. I sacramenti poi ci generano giorno per giorno come fratelli del Signore, per cui ogni nostra parola e gesto somigliano sempre più a quelli di Cristo. La somiglianza con Lui nella vita concreta di una carne trasfigurata nell’amore ci farà allora “madri” che daranno alla luce Gesù ovunque.

Ascoltiamo la Parola creatrice di Dio, perché come l’ascolto ha fatto di una fanciulla sconosciuta di Nazaret la Madre di Dio, farà di te, diluito nel pensiero mondano, un figlio di Dio unico e meraviglioso, fratello e madre di Gesù in questa generazione. Non temere, perché tutti noi, di fronte a un matrimonio che sembra disintegrarsi, a un’amicizia ferita a morte dall’invidia e dalla gelosia, a un figlio scivolato nella droga, a questa società che sembra ingoiarci nella menzogna mortale del nemico, di fronte a ogni situazione ci troviamo come Maria nella sua stanza a Nazaret. Ascolta: “nulla è impossibile a Dio”, mentre tutto è possibile a chi crede appoggiando la sua vita alla Parola ascoltata. Tutto, anche il perdono a quella persona per la quale covi un rancore sordo da anni. Per questo, le stesse parole che San Bernardo ha rivolto a Maria, sono oggi per noi: “Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all’assenso. Non sia, che mentre tu sei titubante, Egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso”.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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