Nel calcolo della misericordia i conti non tornano mai
Giovedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Il nemico è colui che nuoce a sé stesso coltivando sentimenti di odio e agli altri con la maldicenza, il malaffare, la violenza, la prepotenza e la pretesa. Egli è vittima di un modo di ragionare materialistico che fa coincidere la felicità con il piacere, il bene con il possesso delle cose materiali, che sfrutta e non fruttifica, che approfitta per accumulare senza capitalizzare il bene ricevuto e crescere umanamente. L’epilogo di una vita condotta in questo modo non può che essere la perdita di tutto con la morte. Quale sia la meta a cui tende la condotta del cristiano è chiara dalle parole di Gesù: «La vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo». L’angelo Gabriele, rivelando a Maria l’identità e la missione di suo figlio, dice che sarà chiamato «figlio dell’Altissimo». Così Gesù promette a coloro che ascoltano la sua parola e la mettono in pratica di diventare come Lui e di partecipare alla sua stessa eredità, quella che il Padre gli ha riservato, dopo essere passato attraverso la passione e la morte. La vita terrena è via del dolore che con Gesù diventa via dell’amore affinché approdi nella vita eterna.
Siamo dunque pellegrini verso la gratitudine eterna di Dio e non mendicanti di quella degli uomini. La gratitudine di Dio è l’eucaristia perenne che si celebra nel cielo da dove discende sovrabbondante la benedizione su tutti, anche sugli ingrati e i malvagi, cioè su coloro che sono incapaci di amare solo con le loro forze. I nemici sono quelli che non hanno ancora scoperto la bellezza dell’essere amati gratuitamente e in ultima analisi quelli che non hanno ancora incontrato il Signore o non si sono lasciati incontrare da Lui.
Dio continuamente viene incontro all’uomo per strapparlo dalle tenebre del peccato. Questo lo fa attraverso i suoi figli, quelli che amando i propri nemici, pregando per loro, opponendo al male il bene, rispondendo alla maledizione con la benedizione, rompendo il circolo vizioso della violenza e della ritorsione con il perdono, fanno risplendere la benevolenza di Dio.
La misura della gratitudine umana è data da ciò che si riceve, quella di Dio invece è stabilità dalla sua volontà di vederci tutti felici. Dio non restituisce semplicemente quello che riceve e nella misura in cui lo riceve, ma da sapendo che noi non siamo capaci di restituirgli nulla, se non la nostra povertà.
Nel calcolo del dare e dell’avere il cristiano che ama non si ritrova mai con i conti. Scoprirsi mancanti dell’affetto, della riconoscenza, della stima, dell’amicizia, della giustizia, della disponibilità, della benevolenza che ci si aspetta dagli altri, soprattutto da quelli a cui si è dato tanto, provoca un grande dolore che si unisce alla rabbia e alla tristezza.
Gesù ci chiede di riempire questo vuoto con l’amore che dalla croce è effuso senza misura. Lo Spirito Santo ci rende figli di Dio come Gesù. Dalle sue e dalle nostre ferite sgorgherà abbondante la misericordia di Dio che cura, guarisce e converte. L’amore per i nemici non sarà il prodotto di una nostra decisione o della nostra mente calcolatrice o della nostra volontà forte e determinata, ma germoglierà dalle nostre ferite e sgorgherà sovrabbondante dal nostro cuore contrito e umiliato come da sorgente nel deserto.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]