don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 9 Settembre 2020

Bisogna scegliere dove piantare le nostre radici

Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Un filosofo del secolo scorso, Benedetto Croce, affermava che non possiamo non dirci cristiani. Infatti, ancora oggi la stragrande maggioranza degli italiani è battezzata, una buona percentuale si avvale dell’insegnamento della religione cattolica, un numero elevato di fanciulli continua il percorso d’iniziazione cristiana fino alla prima comunione per poi in molti casi interromperlo e rimandando il suo compimento in età più adulta. Se poi analizziamo le statistiche che fotografano la situazione della partecipazione alla messa domenicale e del cammino di formazione permanente nella Chiesa in alcuni casi il numero della percentuale diventa di una sola cifra.

Spesso si obietta che si è buoni cristiani anche se non si pratica la fede con la preghiera personale e comunitaria perché l’importante è «non fare del male a nessuno». In effetti chi riduce il cristianesimo al buonismo, la sua fede ad un vago senso religioso (che spesso scade nel magico e nella superstizione), il vivere in una comunità all’occupare spazi nei quali godere di alcuni servizi, gli risulterà molto difficile riconoscersi mancante, bisognoso di crescere nella fede, desideroso d’imparare a pregare e a relazionarsi con gli altri, entusiasta nell’incontrare il Signore nei sacramenti, creativo nell’offrire il suo servizio. 

Gesù alza lo sguardo su di noi, «folla dei suoi discepoli» che si divide in due: da una parte i beati e dell’altra i destinatari del «guai». Assumere lo sguardo di Gesù significa fare un esame di coscienza, riconoscere di essere «povero» o «ricco» e scegliere di essere un vero o un falso profeta. Il cristiano, se è veramente tale, non può che essere profeta, cioè testimone credibile dell’amore di Dio. Lo diventa se lavora sulla propria interiorità in modo da accogliere la grazia di Dio che lo plasma e lo salva e se sceglie di seguire Cristo fino alla fine, fino al dono totale di sé sulla croce. Il Cristiano non può che essere beato, perché vive la sua povertà e la sofferenza come spazio nel quale lasciarsi amare da Dio. In questo modo, nutrito con la Sua parola, animato dalla gioia dello Spirito, testimonia la bellezza di Dio fino al martirio. Al contrario il falso cristiano è quello che avendo il cuore pieno di orgoglio, non si piega davanti a nessuno né per chiedere né per dare aiuto, ma assume come criterio di vita la soddisfazione dei propri capricci e il consenso popolare.

Le parole di Gesù sono una lama di luce che penetra nel cuore perché possiamo fare discernimento sulle nostre scelte di vita, quelle che determinano il posto dove piantiamo le radici: presso le sorgenti della misericordia di Dio o nel pozzo vuoto del nostro cuore orgoglioso.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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