Commento al Vangelo di domenica 6 Settembre 2020– mons. Giuseppe Mani

Amerai il prossimo come te stesso

Cosa fare davanti ad un delitto, ad un peccato? Se si deve detestare il delitto, il peccato commesso dagli uomini è naturale anche odiare la persona che li commette? La posizione evangelica ritiene “a priori” che questo atteggiamento è insostenibile.

Per comprendere questa posizione evangelica bisogna seguire un ragionamento: davanti a Dio tutti gli uomini sono peccatori. A diversi gradi ma tutti abbiamo bisogno del perdono e della misericordia di Dio. Ovviamente la Parola di Dio non cessa mai di dire all’uomo come deve comportarsi per vivere secondo la creazione e come vuole Dio. Da qui la legge, i comandamenti che sono indicazioni per vivere umanamente, misurare le nostre mancanze, i nostri difetti e peccati per accusarcene e chiedere il perdono. Questa analisi giusta manca di due elementi che sottolinea la liturgia di oggi: l’amore e la correzione fraterna.

San Paolo ci ricorda che tutti comandamenti si riassumono in queste parole “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Per tutti comandamenti si intendono quelli che toccano le relazioni interpersonali. L’osservanza dei comandamenti fa si che io non sia in ladro, un adultero, un bugiardo, ma il Vangelo va più avanti: chiede di amare. Non si tratta di dominare i pensieri e desideri per non passare all’azione ma di entrare in un’altra logica, quella del fratello in umanità, di mettermi al posto di colui che vorrei offendere o giustiziare e vedere il mio volto in quello del prossimo che vorrei odiare. San Matteo ci da una regola d’oro: “ Tutto ciò che volete che gli uomini facciano a voi fatelo a loro, in questo c’è tutta la legge e i profeti” (7,12). Certamente possiamo far così soltanto se abbiamo ben ascoltato e accolto la Parola di Dio perché solo Gesù Cristo può indicarci la maniera autentica di porci da fratelli nei confronti degli altri. Lui sa cosa significa amare, incontrare il prossimo e dare la vita per lui. Bisogna andare fino in fondo alla frase di San Paolo: “Il compimento della legge è l’amore” senza dimenticare che Gesù ha detto che la legge consiste nell’amare Dio e il prossimo come se stessi.

Amare Dio è accettare di essere già amati da Lui che mi ha creato, mi ha salvato e che mi chiama alla vita eterna. Gesù mi ha amato per primo. Ed è quello che devo riprodurre nelle mie relazioni con gli altri, prendere l’iniziativa di una proposta di amore, di un’amicizia che possano trovare eco in una risposta similare e modificare così il tessuto delle relazioni interpersonali. Così saremo in una prossimità del Regno di Dio tra gli uomini in cui sono eliminate tutte le violenze e le aggressioni.

Questo programma si scontra col peccato e tutte gli atteggiamenti del prossimo. Cosa fare? Il Vangelo presenta diversi gradi di correzione fraterna che vanno dalla discreta riprensione all’esclusione dalla comunità. Il Diritto Canonico, il diritto della chiesa, legifera sulle situazioni delittuose, ma ciò che è in gioco per ciascuno di noi è l’attenzione fraterna che fa di ciascuno un vigilante attento per i fratelli. Non dei sorveglianti ma dei fratelli attenti a ciò che scivola verso il peccato. Troppo spesso siamo complici dei nostri silenzi e del peccato degli altri. Bisogna aver il coraggio della parola fraterna che dice “no”. La preoccupazione fraterna è riprendere la missione di Gesù all’interno dell’umanità. E’ manifestare ai fratelli l’amore dicendo che non è buono quello che stanno facendo. Al cuore di queste relazioni interpersonali e fraterne, così delicate ed esigenti, Cristo assicura la sua Presenza. E’ Lui che vuole per noi l’attuazione del Vangelo, è Lui che ci aiuterà a superare le nostre paure, le nostre apprensioni e i nostri limiti che sono anche l’ostacolo al comandamento dell’Amore.

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