Nel suo romanzo “I portatori d’acqua”, l’autore afgano Atiq Rahimi fa porre a uno dei suoi personaggi questa domanda: «Sta a lei scegliere, ripetere le stesse parole, gli stessi gesti, le stesse sensazioni con persone diverse oppure cambiare parole, gesti, sensazioni con la stessa persona. Immagino che preferisca la prima situazione, no?»
L’immagine con cui Gesù risponde alla domanda dei discepoli di Giovanni il Battista pone la questione del cambiamento e della novità. Come intendiamo il cambiamento? Come immaginiamo la novità nella nostra vita?
A più di uno di noi sarà capitato di pensare che in fondo il cambiamento sia questione di un attimo, il risultato di una formula magica finalmente scoperta. Questa prospettiva ci affascina, perché cambia tutto per non cambiare nulla.
Spesso, infatti, vogliamo cambiare ciò che ci circonda, molto più che cambiare noi stessi. E lo stesso Gesù ci mette sull’avviso, quando ammonisce che il gusto del vecchio ha un fascino potente su di noi: «Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole”».
Molto più profondo e sottile è invece il cambiamento che il Signore propone e presenta, quello del nostro cuore, dove tutto ha origine, parole gesti e affetti. In quel silenzioso luogo della nostra più vera identità si muove, con tempi lenti e gentili la Grazia del Signore, che porterà i suoi frutti, solo che le si dia il tempo di agire. E allora non conterà ciò che sta intorno a noi.
Diego Mattei SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato