No, certo, non possiamo digiunare se lo sposo è con noi. La nostra vita è una continua festa di nozze, volgiamo lo sguardo sull’altrove, fissiamo lo sguardo sulle cose che restano, quelle invisibili.
Allora il nostro cuore incrocia lo sguardo di Dio, fugacemente, e sentiamo vibrare in noi la Parola che ci riempie, ci consola, ci illumina. No, non possiamo vivere una religiosità fatta di mortificazione e di pena, di tristezza e di rinuncia.
Non siamo gaudenti, o superficiali: siamo colmi di gioia perché il misericordioso è con noi. Ci sono momenti, invece, in cui digiuniamo. Quando ricordiamo lo strazio della morte di Dio, quando, nel cammino quaresimale, sentiamo di condividere la pena di chi soffre la fame, quando lo sposo è distante, a causa dei nostri peccati, delle nostre incoerenze.
Allora digiuniamo, seriamente: alleggeriamo il cibo, spegniamo la televisione, dedichiamo del tempo al silenzio. Perché fare memoria della fame fisica, perché toglierci cose legittime e buone ci ricorda che viviamo d’altro, che Dio ci è necessario, non la pancia colma. Allora, sì, certo, digiuniamo.
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