Il commento alle letture di domenica 6 Settembre 2020 a cura dei Missionari della Via.
Meditiamo la Parola
Il Vangelo di questa domenica ci mostra il segreto della vita comune: il custodirsi reciprocamente, il correggersi a vicenda, il perdonarsi, tutto serve nelle difficoltà nelle diatribe a non perdere un fratello ma a guadagnarlo all’amore, alla verità, alla comunione; e non pensiamo che siamo sempre noi a dover correggere e a perdonare, perché molte volte sono gli altri a doverci correggere e a perdonarci! Che grande lavoro di umiltà e di giusta considerazione di sé e degli altri occorre per fare tutto ciò! Gesù ci istruisce su come fare una correzione nella carità e nella gradualità. invitandoci a correggere inizialmente il fratello da soli: «se qualcuno ti ferisce, tu non chiudere la comunicazione, non lasciare che l’offesa occupi tutta la scena, non metterti in atteggiamento di vittima o di sudditanza di fronte al male – questo lo renderebbe più forte –, ma fa tu il primo passo, riapri tu il dialogo» (Enzo Bianchi).
Se il fratello ti ascolta, lo avrai guadagnato! Non c’è orgoglio da difendere, non c’è guadagno mondano, ma fratello da guadagnare nella comunione, fratello da amare! La sollecitudine nel correggere è o almeno dovrebbe essere la stessa sollecitudine del padre celeste che non vuole che nessuno di questi si perda. Perché correggi per condannare o per guadagnare il fratello? Lo correggi perché gli vuoi bene perché vuoi la sua salvezza perché lo ami. Il rimprovero cristiano, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. Non è certo il prurito di poter dire “io te l’avevo detto!” Non è certo il prurito di poter mostrare agli altri i loro torti, lo scopo è quello di guadagnare un fratello. Quando dunque pensiamo di dover correggere qualcuno domandiamoci prima se amiamo questo fratello o siamo spinti dall’orgoglio ferito! Chi compie la correzione, deve avere il cuore di Gesù che perdona e non disprezza. La carità della correzione verso un fratello che non riconosce il proprio errore, “porta ad insistere per amore e con amore” ricorrendo anche all’aiuto prima di due tre fratelli e in caso negativo anche di tutta la comunità, e non per accusarlo e condannarlo, ma perché questo fratello è parte di noi, parte del corpo di Cristo.
E se un membro soffre tutte le membra soffrono. E se un membro pecca il peccato ricade sempre anche su altri, interessa tutta la comunità. Dunque, l’intervento prima di due fratelli poi della comunità non è come l’intervento di un tribunale che decreta la condanna, l’espulsione del peccatore o che cerca con la paura di far ravvedere il fratello che ha sbagliato, ma è la pedagogia che corregge di far intervenire anche gli altri ma non per condannare ma per fare tutto il possibile per riallacciare una relazione che si è troncata o che rischia di troncarsi. Tutto deve essere Ma ora mi domando: e nel caso fossi io a dover essere corretto? Quanta umiltà nell’accettare la correzione (o dal marito o dalla moglie, o dall’amico o dal padre superiore) convinti come siamo della nostra presunta perfezione! Sempre pronti poi a giustificarci e a portare prove a nostro favore! Insomma, non esiste solo la correzione attiva, ma anche quella passiva; non solo il dovere di correggere, ma anche il dovere di lasciarsi correggere. Ed è qui anzi che si vede se uno è maturo abbastanza per correggere gli altri.
Chi vuole correggere qualcuno deve anche essere pronto a farsi, a sua volta, correggere! Amore a umiltà sono le basi di tutto ciò! Dunque: «Non alteriamoci e non indigniamoci dunque quando qualcuno ci riprende. Se ci offendessimo saremmo degli stolti. La correzione ha lo scopo infatti di farci passare dal male alla via della santità. Infatti, a motivo del nostro orgoglio, pur facendo il male non ce ne avvediamo perché la vista del nostro spirito è annebbiata dalle passioni» (Autore del II secolo). Compreso ciò, come diceva san Giovanni Bosco: «Se non avete un amico che vi corregga i difetti, pagate un nemico che vi renda questo servizio!».
Preghiamo la Parola
Salvami dal diventare uno stolto che non accetta la Tua correzione, uno stolto che recalcitra davanti ad essa, uno stolto che non vuole accettarla come una benedizione (Sören Kierkegaard).
VERITA’: Vita interiore e sacramenti
Possi dire di attuare la correzione fraterna? La vivo in modo fraterno o in modo giudiziale?
CARITA’: Testimonianza di vita
Cerco di dire la verità con carità?
Mi lascio correggere o passo subito in “modalità difensiva”?