Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 9 Agosto 2020

Medita

Lunedì scorso abbiamo ascoltato la stessa Parola di oggi, solo completata da altri versetti che qui mancano.
Matteo, in questo brano, ci consegna un testo dove emerge con forza la povertà e la debolezza umana. La scena si svolge in un ambiente che non incute al terrore: quel mare, in realtà, è un lago; le onde, il vento sono condizioni normali per chi, come molti di loro, erano pescatori. Certo non avranno mai visto qualcuno camminare sulle acque! Ma era Gesù e, seppur sconvolti ed impauriti, lo avevano riconosciuto. Ma non riuscivano ad accettarlo: meglio gridare fosse un fantasma. Neppure le parole pronunciate dal Maestro sono in grado di tranquillizzarli: la sua voce, quella, doveva essere garanzia della vera presenza del Nazareno. Del resto, le pecore conoscono la voce del Pastore.
La povertà e la debolezza umana emergono soprattutto ora quando, seppur chiamati a seguire l’Emmanuele, e seppur testimoni di grandi segni compiuti, faticano ad avere una completa fede in lui. Pietro che prende la parola rappresenta non solo sé stesso, ma la Chiesa intera attraversata dai dubbi, dalle incertezze, desiderosa di segni capaci di confermare le scelte compiute.

Pietro ha fede: esce dalla barca, si fida del Signore, e cammina sulle acque. La comunità fondata da Gesù ha già mostrato di credere in lui, ma non poche volte rimaneva turbata perché incapace di comprendere molte cose. “Il vento che era forte” è sufficiente per Pietro per temere, per essere insicuro, per mettere in discussione la chiamata a seguirlo. Non possiamo che riconoscerci tutti in Pietro e nella prima Chiesa, facendo nostra la richiesta di salvezza: Pietro non rinnegò il Cristo, gli chiese aiuto.
Abbiamo poca fede senz’altro, ma l’evangelista fa emergere nel suo racconto la misericordia e la vicinanza del Galileo quando, come segno di amicizia e di cura, offre la mano a Pietro. Come farà con tutti noi.

Rifletti

Il popolo chiede sempre segni; la pochezza della nostra fede ci annovera in quella schiera. Fatichiamo a riconoscere che la mano del Signore è sempre in ricerca della nostra: non siamo soli. Mai.
Quando tornerà il Figlio di Dio ci troverà consapevoli del suo amore misericordioso?

Prega

? Preghiera finale
Chi non riterrebbe Gesù della nostra condizione umana sapendo che nella sua vita
c’era posto per l’uso del cibo, per il riposo, il sonno, le ansie,
la tristezza, la compassione e le lacrime?
Proprio perché questa nostra natura doveva essere risanata dalle antiche ferite
e purificata dalla feccia del peccato, l’Unigenito figlio di Dio
si fece anche Figlio dell’uomo
e riunì in sé autentica natura umana e pienezza divina.
Ne segue che se camminiamo sulla via dei suoi comandamenti
e non ci vergogniamo di confessare quello che nell’umiltà della carne
egli ha operato per la nostra salvezza, anche noi saremo partecipi della sua gloria.
(Leone Magno, Discorsi 15)


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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