Nicola Montereale – Commento al Vangelo di domenica 2 Agosto 2020

A MATEMATICA DEL CUORE: CON-DIVIDERE PER MOLTIPLICARE

La Parola di Dio di questa domenica è molto ricca nei suoi aspetti e nei suoi contenuti. Uno dei temi che sin dalla prima lettura è possibile scorgere è quello del cibo, di un cibo che sazia e che rimane.
Forte e trepidante è la considerazione del profeta Isaia: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?”
Quante volte, Signore, ci sforziamo di essere appagati da un cibo di felicità che non riusciamo a trovare. Sì, ci affanniamo per ciò che non sazia, ci affanniamo per un pane che nutre il ventre, ma che non realizza la fame di quel cuore che è tra lo stomaco e la gola.
Seppur alcuni si sforzano di ruminare il vangelo, siamo ancora in pellegrinaggio e non nella patria, nel desiderio e non ancora nell’appagamento.
Giustamente, allora, con il salmista diciamo: “Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno”.

Ma quando verrà questo tempo? Dobbiamo aspettare ancora?
Sembra che anche noi – come la grande folla di cui parla il vangelo – ti seguiamo “a piedi” dalle nostre città, piene di tribolazione, angoscia, fame, nudità, pericolo, spada.
Anche il luogo di ora è deserto ma sicuri che “in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati”.
Sul far della sera – oggi come allora – Tu hai ancora compassione di noi e la tua misericordia si riversa sulla nostra stanchezza.

Scrive san Cesario di Arles: “Misericordia: dolcissima è questa parola, ma se è già dolce il nome, quanto più la realtà stessa. O uomo, con quale coraggio osi chiedere ciò che ti rifiuti di concedere agli altri? Chi desidera di ottenere misericordia in cielo deve concederla su questa terra. C’è infatti in cielo una misericordia, a cui si arriva mediante le misericordie esercitate qui in terra. Tutto ciò che la misericordia umana dà durante il nostro pellegrinaggio, la misericordia divina lo restituisce in patria. Che cosa volete, fratelli, e che cosa chiedete quando venite in chiesa? Certamente non altro che la misericordia di Dio. Date dunque quella terrena ed otterrete quella celeste. Da’ al povero per meritare di ricevere da Cristo. Non so con quale coraggio pretendi di ricevere quello che non vuoi dare. Quando perciò venite in chiesa, non negate ai poveri un’elemosina, anche se piccola, secondo le vostre possibilità”.

Siamo ancora lontani, Signore, e questo lo sappiamo. Ma non vogliamo arrenderci alla vista della tua misericordia. Tu ci dai un pane che sazia di felicità, quella vera.
Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo.
Cristo ha moltiplicato i cinque pani tra le mani di coloro che li dividevano, ha dato un pane che fa ristorare e non si può consumare; un pane che può nutrire e non si può esaurire.
“Interroghiamo direttamente i miracoli, – scrive Agostino – e sentiamo cosa ci dicono di Cristo. Essi possiedono, a intenderli bene, un loro linguaggio. Poiché, essendo Cristo il Verbo, cioè la Parola di Dio, ogni azione del Verbo è per noi una parola. Abbiamo udito la grandezza di questo miracolo, investighiamone la profondità. Non accontentiamoci di gustarlo superficialmente, penetriamone la profondità. Questo stesso che di fuori suscita la nostra ammirazione, contiene dentro qualcosa”.

I cinque pani significano i cinque libri di Mosè. Giustamente essi non sono di frumento, ma di orzo, perché appartengono al Vecchio Testamento. Le dodici ceste son i dodici apostoli e il Nuovo Testamento.
I due pesci, poi, vogliono significare – come commenta ancora Agostino – quei due sublimi personaggi del Vecchio Testamento, che venivano unti per santificare e reggere il popolo: cioè il sacerdote e il re.

Cristo venne per riunire e realizzare nella sua persona queste due figure: del sacerdote in quanto egli offrì se stesso come vittima per noi a Dio, del re in quanto egli stesso ci regge.
Cristo ordinò che si spezzassero i pani e mentre questi venivano spezzati, si moltiplicarono.
Sembra che Cristo abbia sovvertito anche la matematica: la divisione permette la moltiplicazione, ciò che sembra togliere in realtà regala il di più.
La con-divisione ha dato senso alla moltiplicazione. L’operazione inversa motiva quella originaria. Di solito, funziona così anche nella vita: bisogna donarsi per ricevere di più.
Solo in questa logica della “matematica del cuore”, anche se siamo sul far della sera, rimaniamo seduti comunque sull’erba, l’erba della speranza che fa’ si che i tramonti chiedano nuove albe, che – parafrasando i versi di una canzone tanto amata dai noi giovani – i fiori cresciuti tra le lacrime possano trovare un posto migliore a un passo dopo la fine, che camminando a piedi nudi sopra queste spine possiamo diventare forti e smettere di soffrire.

Con tutta la preghiera unanime della Chiesa, allora, ti chiediamo, o Dio, “fa’ che il pane moltiplicato dalla tua provvidenza sia spezzato nella carità”.

N. Montereale


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