Ascolto E Sguardo
Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.
Dopo la guarigione di un indemoniato, Gesù era stato accusato dai farisei di compiere prodigi in nome di Satana. La sua reazione era stata severa: dopo aver confutato le accuse, era passato al contrattacco accusandoli senza mezzi termini – «razza di vipere!» – di avere il cuore cattivo e avvisandoli che saranno giudicati in base a ciò che dal loro cuore sgorgherà.
Per tutta risposta, facendo squadra con gli scribi, i farisei chiedono a Gesù un «segno». La richiesta va considerata nel senso più aperto possibile: nella tradizione biblica sono segni i miracoli ma lo sono anche le azioni simboliche dei profeti.
Nel racconto di Matteo, l’espressione «segno» (semeion) non è mai utilizzata per indicare i miracoli e si trova quasi esclusivamente nei discorsi attorno alla venuta finale del Figlio dell’uomo (cap. 24). Inoltre, scribi e farisei erano già stati spettatori di diversi prodigi compiuti da Gesù, dunque costoro chiedono qualcosa di differente.
Ciò a cui si deve pensare è un segno molto particolare, qualcosa di estremamente spettacolare che renda inequivocabile la natura di Gesù, ben di più di un semplice gesto di legittimazione profetica.
La risposta del Maestro è durissima: generalizzando il giudizio («una generazione…») li accusa prima di malvagità, usando un’espressione che indica proprio ciò che Dio condannerà nel giudizio, e poi di rottura del patto con Lui, attraverso l’immagine biblica dell’adulterio. Eppure proprio a costoro sarà dato il segno di Giona.
L’immagine del profeta che permane tre giorni nel ventre della balena per essere poi salvato prefigura tipologicamente l’evento della morte e resurrezione di Gesù. Il «segno» che avranno sarà proprio questo.
Sarà però un segno paradossale, poiché scandalizzerà Israele e sigillerà il suo rifiuto nei confronti del Messia. La chiamata ai gentili, qui rappresentati dagli illustri testimoni contrapposti alla generazione degli increduli, sarà l’effetto diretto della chiusura di Israele.
Il popolo che respinge il Figlio dell’uomo finisce sul banco degli imputati per la sua durezza di cuore e sarà giudicato dagli abitanti di Ninive, che rappresentano i pagani per antonomasia.
La severità del giudizio è motivata dal fatto che quella generazione incredula ha a disposizione ben altro che la predicazione di un profeta renitente come Giona e ben di più della pur grande sapienza di Salomone.
Fonte: il sito di don Cristiano
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