GESU’ CI LIBERA DALLA FURIA DELLA CARNE PER VIVERE LIBERI COME FIGLI DI DIO
Quanta “furia” c’è nel mondo, e quanta nella nostra esistenza! Ovunque si reclama giustizia, tra sposi, tra fratelli, tra condomini, anche nella Chiesa, tra vescovi e sacerdoti, tra fedeli e pastori: e che nessuno si avventuri a passare per la strada dove abitiamo… E’ il nostro territorio, vigono le nostre regole, e che nulla si azzardi a contestarle… La nostra vita è come quelle strade private serrate dalle sbarre, sigillate perché nessuno venga a disturbare. Poco importa se quelle sbarre obbligano i vicini e gli abitanti della città ad allungare il percorso per tornare a casa, quel pezzo di terra è un prolungamento di noi stessi, è gravido di violenza e furia, difenderlo significa proteggere le nostre idee, i nostri criteri, la nostra giustizia; quelle sbarre sono i giudizi, le calunnie, la maldicenza, la concupiscenza che fa di ogni nostro prossimo un oggetto da usare ben lontano dal cuore. Proviamo a pensare quante strade abbiamo chiuso in faccia ai fratelli: la strada della comprensione e della pazienza dinanzi alla moglie o al marito; la strada della vita dinanzi ai bambini che Dio ha pensato far nascere attraverso di noi; la strada del perdono a chi ci vive accanto e ha sbagliato; la strada della generosità di fronte a chi ha bisogno.
Strade, autostrade lunghe migliaia di chilometri, dove nessuno può passare, come catene che, giorno dopo giorno, ci stringono in un abbraccio di morte e solitudine. Strade progettate e costruite dal demonio, astuto ingegnere dell’egoismo e della superbia, il nemico di Cristo e di ogni uomo. Il Signore passa all’altra riva per scendere negli abissi della morte e riscattare l’uomo schiavo del demonio. All’arrivo di Gesù, come attirati da Lui, i due indemoniati del Vangelo, gli si fanno incontro, ed è subito una reazione di sfida, di mormorazione, di rifiuto. Come accade a noi quando ci raggiunge la predicazione, l’annuncio della Verità che smaschera le barriere che abbiamo eretto tra noi e gli altri. “Che hai a che fare con noi…”. Che vuoi Signore, sei venuto a rovinare i nostri piani, la vita pagana nella quale abbiamo immerso la nostra anima? Ma Gesù è Dio e sa riconoscere, nella caricatura che siamo diventati, nell’involucro sporco, immondo e degenerato, il suo stesso volto, il grido disperato che il seme di vita eterna seminato in noi cerca di farsi strada. Gesù riconosce nelle parole blasfeme e terribili del demonio, l’angoscia e la paura di chi ne è posseduto. Anche dentro i nostri rifiuti, nelle cadute, nelle chiusure più ostinate, Gesù sa intercettare l’inganno e il camuffamento del demonio: è lui che rigetta Cristo, noi siamo solo degli schiavi caduti nelle sue trappole, nelle pompe illusorie che ci hanno sedotti. Certo lo abbiamo fatto liberamente, vi è stato almeno un momento in cui, nel fondo del nostro cuore, abbiamo scelto di dare ascolto alla voce del demonio. Ma Gesù sa che portiamo una natura ferita: per questo, nonostante secoli di ostinazione, è sceso dal Cielo a cercare la pecora perduta, in territorio pagano, nel paese dei Gadareni, nell’accampamento nemico.
E ascolta la voce del demonio ormai sconfitto dalla sua sola presenza, lì, su quella strada che nessuno, sino ad allora, aveva osato percorrere. Gesù è passato all’altra riva, si è avventurato laddove nessuno ha mai potuto nulla; Gesù è l’unico che viene a cercarci laddove siamo, dove gli altri ci hanno rifiutato e non hanno più forza e desiderio di venirci a prendere. Gesù scende nei quartieri malfamati delle metropoli, quelli dove governa la mafia e la malavita, dove neanche la polizia vi entra più, i bassifondi della nostra anima piagata. Gesù entra nell’anarchia mortale che governa la vita dell’uomo. E spazza via la menzogna annidata nel cuore, il motore malefico che ci ha resi egoisti e soli. Gesù arriva e fa giustizia del nostro avversario che, ormai sconfitto, grida «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Il demonio torna ad essere quello che realmente è, una mandria di porci, che si rotolano nel loro vomito, che hanno perduto il senso del peccato e la gioia dell’amore.
E’ l’assassino che alla fine, per l’opera di Cristo, rivolge contro di se il suo stesso proposito malvagio. Così il demonio precipita nel mare, come l’esercito del faraone, come ogni inganno illuminato dall’amore di Dio. Gesù passa il mare della morte, supera con il sonno della sua morte la furia della tempesta, ci raggiunge laddove l’inganno ci ha precipitato, e ci riporta in vita, come accade nel battesimo. Qualunque sia oggi la schiavitù che ci opprime, qualunque disordine e chiusura ci attanagli l’esistenza Lui è qui, ora, a distruggere l’autore di tanto sfacelo, e a sollevare la sbarra che impedisce al nostro prossimo di avvicinarci, e a spalancare le strade che ci conducono a donarci ad ogni uomo. Lui è la Via al Padre, il cammino di misericordia che ci fa fratelli liberi e misericordiosi, dove tutti possono, attraverso la nostra vita salvata, ritornare a Dio: “Come vedi, già nella traversata degli Ebrei, in cui l’Egiziano è perito e l’Ebreo s’è salvato, è presente la figura del santo Battesimo. Che altro ci insegna infatti questo sacramento, se non che la colpa è annegata, l’errore abolito, mentre la pietà e l’innocenza vengono salvate? (S. Ambrogio, de Myst. 12).
AUTORE: don Antonello Iapicca
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