Gesù a chi dice “tu sei il Cristo”, Lui risponde “beato te”. Da questo riconoscimento reciproco nasce il dialogo tra Pietro e Gesù, tra Gesù ed ogni discepolo.
Quella di Pietro è la professione di fede cristiana. Gesù è il Figlio unigenito del Padre della vita. Cogliere in Gesù, nella carne di Gesù, il Figlio di Dio è il centro della rivelazione. Così si può entrare nella conoscenza amante del rapporto tra Padre e Figlio, rivelato non ai sapienti ma ai piccoli.
Tu sei il Cristo, è professione di fede che genera l’uomo nuovo Pietro. Da questa professione di fede, dono del Padre a Pietro, nasce la beatitudine. La beatitudine che è coscienza del segreto della sapienza della croce.
È una sapienza non data per sempre e non data del tutto. In seguito Pietro coglierà il fatto che la sua professione di fede è professione limitata. Infatti il Cristo da lui professato non è quello che lui pensa, è un Cristo invece che lui non si aspetta. Diciamo una cosa ma ne pensiamo un’altra, e, forse, ne siamo convinti di un’altra ancora. Il dono dell’unità non è cosa da poco e non è dato da sempre e per sempre. Il dono dell’unità interiore e dell’unità con è gioco forza di amore quotidiano.
Pietro si accorgerà che il Figlio di Dio non è Colui che Lui sospetta e che il Dio vivente è ben altro da quello che Lui immagina.
Questo non ci deve scandalizzare. La fede è cammino e pellegrinaggio, è dono che cresce e che vive dei momenti di sospensione e momenti di slancio.
Senza questo cammino noi rischiamo di credere che con la prima comunione e la cresima tutto sia finito. Per questo il rischio è di andare per le strade della vita grandi e grossi ma vestiti ancora col vestito della prima comunione.
Dunque, credere significa conoscere e amare Gesù. Credere in Lui non è adottare una dottrina, la sua dottrina. Credere è amare e conoscere Lui, Gesù.
Quel Gesù pietra scartata dai costruttori che è divenuta testata d’angolo. Scartato dai costruttori e crocifisso, grazie alla croce è divenuto testata d’angolo della costruzione della chiesa.
Pietro, discepolo del Signore, diventa pietra su cui Gesù edifica la sua chiesa. È pietra importante ma rimane sempre pietra discepolare. E pietra discepolare è chiamato ad essere ogni discepolo del Signore Gesù: accogliendo il dono della croce e divenendo a sua volta dono di croce, pietra d’angolo di un Regno dove il Servo sofferente, ogni servo sofferente, diventa motivo e via di salvezza per il mondo intero.
È la fedeltà di Dio che ha l’ultima parola su ogni nostra infedeltà: le porte degli inferi non possono prevalere sulla fedeltà di Dio. Al di là di ogni fragilità e peccato, la sua fedeltà avrà la meglio. Così come ha avuto la meglio sulla infedeltà di Pietro e degli Apostoli con lui, così ha e avrà sempre la meglio su ogni nostra infedeltà.
La chiamata di Pietro è chiamata al servizio nella fede e nell’amore, principio e unione di vita. Pietro, come ogni autorità, può degenerare da servizio che fa crescere a potere che distrugge la verità e la libertà e l’amore.
La chiamata di Gesù a Pietro come ad ognuno di noi è chiara: è una chiamata alla libertà del servizio.
Altrettanto chiaro è il fatto che noi non siamo già questo, lo siamo già ma non ancora, siamo ogni giorno in cammino per comprendere e amare tutto questo.
Saremo beati se non cederemo alla tentazione del potere ma ci sentiremo sempre e comunque in cammino, aperti a quel completamento di vita che ci viene dai fratelli.
Siamo invitati ad accogliere il servizio dell’autorità come siamo invitati ad accogliere la ricchezza della diversità. Così saremo anche noi pietre vive per la costruzione di una nuova chiesa.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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