Giusto è colui che si adatta alla realtà e non l’accomoda o si accomoda
Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci», questa frase può essere soggetta a tante interpretazioni. Il contesto ci aiuta a capire il senso che ne ha voluto dare l’evangelista Matteo inserendo questo piccolo proverbio nel discorso che Gesù fa riguardo alle opere di giustizia, cioè il bene da compiere. Il giusto, correggendo il fratello, lo aiuta a ben giudicarsi e a ben giudicare. Il giudizio è un’azione molto delicata che richiede da parte di chi lo esercita la disponibilità a lasciarsi giudicare e a sottoporsi al giudizio di Dio. Questo significa permettere a Dio di vederci dentro e di sanare il nostro peccato perché anche noi possiamo guardarci dentro con serenità e benevolenza.
L’immagine dei cani e dei porci sta ad indicare tutti quelli che sono considerati “impuri”, cioè distanti da un’esperienza di fede ecclesiale, e tuttavia destinatari dell’attenzione e della cura. Come attuarle? Gesù sembra suggerire il principio dell’adattamento alla realtà. Papa Francesco dice che la realtà è superiore all’idea. Infatti, ciò che è giusto per alcuni non lo è per altri, ciò che è possibile dare a uno non è possibile darlo nella stessa misura ad un altro. È necessario non giudicare le persone, ma fare discernimento delle situazioni concrete, soprattutto quelle che dal nostro punto di vista ci appaiono “irregolari” o “disordinate”. In altri termini, Gesù chiede di compiere uno sforzo di immedesimazione e inculturazione e prediligere un’azione che sia una risposta alle esigenze concrete delle persone, piuttosto che fare progetti d’intervento a prescindere dalla situazione reale.
Le cose sante e le perle sono i Sacramenti, la Bibbia, le pratiche devozionali, la fede personale. Imporre tutto e subito a chi è “a digiuno” di catechesi, di liturgia, che non conosce il linguaggio della fede, può portare ad un rigetto e l’evangelizzazione si trasforma in un disastro.
Chi conosce sé stesso riconosce che le difficoltà riguardano tutti e come gradiremmo essere compresi in momenti di rabbia e non giudicati, compresi e non necessariamente accontentati, aiutati e non sostituiti nelle nostre responsabilità, così davanti ai più deboli dobbiamo comportarci come vorremmo essere trattati noi nei momenti di debolezza.
Questo richiede di non rimanere ancorati a schemi del passato che, seppure hanno sortito i loro risultati positivi, non è detto che siano validi sempre e comunque. Nell’ azione pastorale, che è fondamentalmente educativa e formativa, non esistono strategie d’intervento collaudate o buone per tutti, perché magari sono quelle più comode per noi. La strada angusta è quella nella quale spesso ci si ritrova da soli perché la maggior parte della gente sceglie ciò che li gratifica e non ciò che la realtà richiede ed esige, anche se scomoda. Percorrere, a volte anche in solitudine, la via angusta e attraversare la porta stretta significa cogliere la sfida di mettersi continuamente in gioco, farsi ispirare dalle istanze del popolo, dei poveri soprattutto.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]