Il tempo ordinario dà valore alla festa
Nella vita quotidiana ciascuno vive la propria esperienza di gioie e sconfitte, speranze e delusioni. Nel quotidiano Dio viene accolto o respinto, compreso o ignorato: è il tempo dell’incontro con il Mistero di Dio. Davide è chiamato in un giorno qualunque, lo stesso gli apostoli mentre gettano e puliscono le reti.
Oggi il quotidiano è diventato un tempo pesante, si aspetta il sabato e la domenica per liberarsi dal fardello dei doveri e si vive la festa come trasgressione o fuga, tempo libero di una presunta libertà . Da giorno del Signore, la domenica è diventata evasione, tempo di gite o bevute, con conseguente abbandono della convocazione eucaristica, la festa sta rischiando di diventare un tempo senza Dio.
Non si recupera la domenica se non si dà valore alla quotidianità , luogo dell’esperienza religiosa, che trova nella festa il culmine e la fonte di tutta la settimana. Il quotidiano è il «tempo della Grazia», dove in «abbondanza», il dono di Dio previene, accompagna e segue il cammino delle persone, sostenute e salvate dalla gratuità di Dio in Gesù.
Il tempo ordinario che inizia con questa domenica, è un tempo dove non si celebrano solennità ma si vive il mistero pasquale nella quotidianità . Il colore verde, segno della virtù della speranza, qualifica la liturgia festiva e feriale. Il Vangelo di Matteo, in questo tempo liturgico, sottolinea la presenza e l’azione dell’Emmanuele ogni giorno sino alla fine.
Il brano appartiene al capitolo decimo dove Gesù tiene il discorso detto «ecclesiale», in cui la «missione apostolica» è in primo piano; la «Chiesa in uscita» di Papa Francesco.
La Chiesa è mandata alla vita degli uomini, sperimentando in essa successi e fallimenti, accoglienza e persecuzione, sostenuta e gratificata dal Vangelo gratuitamente annunciato.
Nel testo risuona San Giovanni Paolo II: «non abbiate paura… aprite… spalancate le porte a Cristo». Il Padre, che si cura dei passeri, quanto più degli uomini! Nemmeno un passero «cade» senza il «Padre»! La creazione è sotto lo sguardo di Dio, noi siamo chiamati a coltivarla e custodirla con questa certezza: «voi valete più di molti passeri».
Chiamati ad amare il creato; corresponsabili e custodi, come suoi figli adottivi. Nella creazione solo all’uomo è data libertà , volontà e coscienza, per essere «l’immagine di Dio». In Cristo diventa il testimone, libero e gioioso, del Vangelo: «Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre».
Questo è l’obiettivo di Dio: «Non ti si dice che tu non sia uomo, che sia animale: ma che tu sia tra coloro ai quali ha dato il potere di diventare figli di Dio. Dio infatti ti vuol fare Dio: non per natura.. ma per dono e adozione. Come infatti lui attraverso l’umanità si è fatto partecipe della tua mortalità , così tramite l’esaltazione ti fa partecipe della sua immortalità » (S. Agostino, sermo 166,4)
don Pietro Pratolongo, parroco di Pontremoli e preside della Scuola di formazione teologico-pastorale della diocesi di Massa Carrara Pontremoli.