La preghiera d’intercessione dei missionari vince la paura e accende la speranza
XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Con i sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima ed Eucaristia, ci viene donato dal Padre, per mezzo di Cristo, lo Spirito Santo. Grazie a Lui diventiamo profeti inviati nel mondo per essere portatori della Parola di Dio che lo illumina e lo sana. Benché Dio ci ami come uno sposo che rimane fedele alla sua sposa incline al tradimento, gli uomini facilmente si lasciano sedurre dal maligno. Egli si oppone strenuamente all’azione di Dio e inganna gli uomini perché si perdano. L’amore benevolo e fedele di Dio è rivolto a tutti, come il sole che sorge sui cattivi e suoi buoni e la pioggia che cade sui cattivi e suoi buoni; similmente la malizia del nemico attacca tutti, a partire non dai cattivi, ma dai buoni, cioè da coloro che cercano di mantenersi fedeli nel servizio al Signore.
Dio nella sua misericordia aiuta, nella sua benevolenza consola, nella sua umiltà perdona, nella sua potenza crea e dona vita, mentre il Maligno nella sua malvagità insinua dubbi, nella diffidenza giudica e condanna, nella sua disperazione induce all’avidità e all’attaccamento ai beni materiali.
Gesù nel vangelo si rivolge ai suoi discepoli, quelli che fanno della loro vita un cammino di formazione continua per essere nel mondo segno vivo dell’amore di Dio. La strada del discepolato è la via nella quale i cristiani incontrano i fratelli per dare loro non la propria parola o la propria potenza, ma quelle del Vangelo, «sapienza di Dio e potenza di Dio» (Rm 1,16).
Attraverso la missione degli apostoli Dio continua a visitare il suo popolo e ad incontrare l’uomo per offrirgli il suo amore e con esso la possibilità di salvarsi, facendosi liberare dal peccato e vincendo la morte. Dio non solo si dona a uomini peccatori e mortali perché vivano e imparino ad amare, ma si affida agli stessi uomini fragili e deboli perché, attraverso la loro povertà possano portare a tutti la grazia di Dio.
Per usare un’immagine cara a san Paolo, noi siamo come vasi che contengono un grandissimo tesoro. Siamo fragili e vulnerabili come la terracotta, ma abitati dal tesoro della grazia di Dio. Gli uomini che si oppongono a Dio potranno anche rompere ciò che comunque è destinato a perire, ma non potranno rubare il tesoro, a meno che noi stessi, disperdendo la ricchezza dell’amore di Dio ci ritroviamo a custodire un vaso vuoto che, se non si rompe prima sotto i colpi inferti dall’esterno, finisce per essere distrutto a causa della corruzione interna.
Gesù ci invita a non aver paura della nostra debolezza che ci rende vulnerabili, né della presunta forza degli avversari il cui potere nocivo è limitato. Ma dobbiamo seriamente temere l’azione del demonio che usa sia lo strumento della minaccia che atterrisce sia quello della seduzione che inganna. Entrambi questi mezzi inducono l’uomo al peccato che conduce alla morte dell’anima. L’anima è nell’uomo la scintilla del fuoco divino cioè dello Spirito che crea sane relazioni di amore. Il demonio e i suoi accoliti hanno certamente un potere sul corpo. È un potere limitato come lo è l’esistenza del corpo fatto di carne. Il potere di Dio è illimitato ed eterno come è il suo amore il cui sigillo è impresso nell’anima di ogni persona. Il demonio odia Dio e tenta di ucciderlo dentro di noi, di strapparlo dal nostro cuore.
Il demonio agisce attraverso chi è accecato dall’avidità di guadagno e inasprito dall’ideologia del potere. Nel segreto dei conciliaboli ristretti o nei palazzi dove si scrivono le regole del vivere civile, si elaborano progetti di morte, perché l’insegnamento e l’azione del Vangelo, annunciato dai profeti, confligge con i propri interessi di parte e ostacola disegni elaborati con il sangue della povera gente.
La violenza usata contro gli uomini del Vangelo è tanto più virulenta quanto più potente è la forza dell’amore che muove i profeti a mettere in campo iniziative per compiere la giustizia, risollevare la fronte degli umiliati, restituire dignità e speranza agli sfruttati, dare futuro a quelli che sono incatenati a strutture di potere obsolete e caduche.
Un altro modo, più sottile, per chiudere la bocca agli apostoli di Cristo e legare loro mani e piedi è la seduzione del denaro e la strategia dell’accontentare richieste che riguardano il possesso di beni mobili o immobili oppure ispirare o assecondare mire carieristiche. Tutto ciò che distrae la Chiesa dal suo interesse primario, che è la cura della persona, la condanna ad essere irriconoscibile. Lo diventa quando scivola sul piano della polemica e della rivendicazione e non rimane invece su quello della carità che non si misura sulla quantità delle cose fatte ma sulla umanità di cui esse sono impregnate.
Il cristiano diventa irriconoscibile, quando si lascia distrarre dalla paura e smette di sognare con Dio. La paura aumenta di pari passo con la irriconoscenza, cioè con la mancanza di riconoscenza verso Dio dal quale tutto riceviamo in dono. Infatti, se dimentichiamo che tutto è grazia di Dio, e il suo dono è per sempre, si fa spazio dentro di noi l’idea che quello che si ha lo si è faticosamente conquistato con le sole proprie forze e con propri meriti; ci si attacca morbosamente alle cose, alle funzioni o alle persone e per non perderle le si difendono nello stesso con cui altri cercano di distruggere o impossessarsi di ciò che ci appartiene.
La paura è generata non tanto dalle minacce esterne, ma dall’incrinamento interiore del rapporto di fiducia e di gratitudine con Dio.
Confessare la propria fede davanti agli uomini non significa “difendere Dio”, o sé stessi, con le stesse armi di coloro che lo attaccano. L’annuncio del Vangelo diventa veramente audace quando diventa preghiera rivolta a Dio davanti agli uomini, cioè per loro. Gesù sulla croce, attaccato, umiliato, ucciso, prega il Padre perché nel tempo della prova, in cui sembrano prevalere le tenebre, sorga il sole della giustizia e nel tempo del silenzio della verità si elevi la voce dell’amore.
Gli uomini riconosceranno i cristiani, e in essi il volto di Dio, dal modo e dal tempo in cui pregano non per salvare la propria pelle, ma perché tutti i fratelli si salvino dall’inganno del peccato che porta alla morte.
Nel tempo dell’angoscia e della prova i missionari pregano affidando la propria vita a Dio guidati dalla speranza e non dalla paura.
Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]