Oggi la Chiesa festeggia il Sacro Cuore di Gesù che ci aiuta a fissare lo sguardo a colui che hanno trafitto e che, innalzato, attira tutti a sé.
L’immagine è da purificare: le stampe oleografiche di fine ottocento ci presentavano un improbabile Gesù con i boccoloni e lo sguardo eccessivamente languido mostrare un petto aperto da cui fuoriuscivano tanti raggi luminosi che oggi ai nostri bambini fanno venire in mente i poteri dei supereroi.
Ma, sotto la crosta, la festa di oggi è di quelle che saziano l’anima, che commuovono alle lacrime. Oggi fissiamo lo sguardo sulla misura infinita dell’amore di Cristo per ciascuno di noi. Oggi celebriamo la rivelazione di un Dio che è pastore e padre, che muore per amore, che è infinitamente distante dalla brutta rappresentazione che spesso ne facciamo.
No, Dio non è un severo giudice pronto a coglierci in fallo, ma un amante passionale e ferito, che si dona fino alla fine. È questo il senso della festa di oggi e la croce, segno supremo del suo amore, è lì a ricordarci non il supremo dolore, ma l’infinito dono che ci è stato fatto.
Il cuore è, secondo il sentire comune, la sede delle emozioni e dell’amore, delle passioni e del dolore. Festeggiare il cuore di Cristo significa soffermarsi a contemplare la misura del suo amore infinito, lasciarsi raggiungere, ancora una volta, dalla sua compassione.
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