Come mi avvicino oggi alla preghiera? Nella preghiera ignaziana, come del resto nella vita della chiesa, la Parola di Dio è ispirazione, alimento, stimolo al movimento, al cambiamento di cui c’è bisogno, al rimanere nei processi e nelle relazioni che danno e liberano vita.
La Parola è un soggetto, Gesù Parola fatta carne. La Parola vola sulle ali dello Spirito Santo che ne dischiude il valore e il significato nell’oggi della comunità e mio.
Nella preghiera ignaziana, poi, è importante ascoltare i movimenti interiori che la Parola suscita in noi: sia i pensieri, le cose che capiamo, sia le emozioni e i sentimenti, le cose che sentiamo, percepiamo a livello non razionale.
Bene. Oggi, in un primo momento, lasciamo da parte il “capire cosa voleva dire Gesù” e il “cosa devo fare io di conseguenza”. Prendiamoci del tempo per ascoltare con attenzione cosa provocano in noi a livello emotivo/affettivo. Come mi sento di fronte a queste parole? Dove mi trovo quando tolgo di mezzo razionalizzazioni, interpretazioni, scusanti, giudizi?
Non giudichiamo le emozioni, le mozioni interiori e i sentimenti in base a “questo è buono e allora può entrare nella preghiera” o “questo non sta bene, è cattivo e vergognoso e allora via!”. Se facciamo così la preghiera non ci dice più “dove siamo” e diventa falsa, non aiuta più.
Quante resistenze e opposizioni in noi, forse è proprio quello che voleva Gesù: guardiamole in faccia! Senza dimenticarci che il punto di riferimento di queste parole è sempre il Padre: esse acquistano un senso di vita solo se io sono in relazione con il Padre, sennò puzzano di disumano moralismo.
Andrea Piccolo SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato