Il centro, il pilastro delle beatitudini e, di conseguenza, del compimento della legge e dei profeti, è diventare come il Padre nostro che è nei cieli, che è Dio. Sii ciò che sei, ci dice in altre parole Gesù. Sei figlio, sii dunque figlio, uguale al Padre che ama tutti. A questa luce vengono riviste le nostre relazioni, qualsiasi esse siano, di qualsiasi genere e tipo.
Il compimento della legge, “ma io vi dico”, non contraddice quanto detto all’inizio di ogni affermazione. Scopo non è contraddirlo o negarlo, ma chiarirlo. La chiarifica percorre una via che è quella di passare dalle azioni al cuore, da cui tutto promana. È proprio perché tutto promana dal cuore che quanto viene affermato non è una imposizione legalistica ancora più stringente e severa della precedente, perché giudica le intenzioni e non solo le azioni.
È la Buona Notizia di ciò che Dio opera in noi mediante la Parola. Da lì scaturisce l’autorità di compiere tutto ciò che viene compiuto. Quando parliamo di autorità parliamo di capacità, di forza, e di energia, di passione, di cuore appunto.
Il punto di partenza è il Padre, il punto non solo di arrivo ma anche di ripartenza, è la persona. Proprio perché la persona è concepita come valore unico e assoluto perché in relazione con l’Assoluto, fa emergere come la relazione, l’appartenenza reciproca, che nulla ha a che vedere con la proprietà, con il possedere l’altro, è vissuta nel gioco di amore e nel dono reciproco, come realizzazione dell’immagine di Dio.
L’occhio e la mano sono due parti del corpo importanti per poterci relazionare con le cose e con le persone. L’occhio vede, la mano compie, fa. L’occhio vede ciò che il cuore cerca, la mano compie ciò che il cuore desidera.
L’occhio per desiderare e la mano per prendere sono all’origine di ogni bene e di ogni male all’interno di una coppia, come all’interno di ogni relazione.
Gesù sposta l’attenzione dall’occhio al cuore, perché lì si gioca la vera partita fra bene e male. L’occhio cattura e mette nel cuore ciò che interessa. Al cuore interessa ciò che l’occhio cattura e gli mette dentro. Una fedeltà che non sia dell’occhio e del cuore, è un sepolcro imbiancato.
Perché l’occhio e la mano non siano per la morte, bisogna de-cidere, vale a dire tagliare, ciò che non porta alla vita ma alla morte.
Bisogna vedere, bisogna discernere, bisogna capire, bisogna cogliere, bisogna ascoltare, bisogna giungere al dunque. Non possiamo continuare a chiamare bene ciò che è male e male ciò che è bene. Forse è posizione comoda e più facile, ma senz’altro non è scelta e non è cosa bella.
Senza tale discernimento e decisione, non ci poniamo sulla via della perfezione del Padre ma ci mettiamo sulla via del fallimento di ogni relazione. La via che percorriamo è quella del fallimento della verità profonda dell’uomo che è quella dell’amore, che ci rende simili a Dio.
È educarci all’amore cogliendo ciò che lo fa crescere e lo mantiene. Libero da ogni apparenza e da ogni possibilità di salvare il salvabile.
Non può essere la legge che tiene insieme le relazioni non da ultimo la relazione di coppia. La continua ricerca di un occhio buono e di una mano vera che si muovono grazie ad un cuore buono, continuamente curato e fatto crescere, può restituirci, mai una volta per sempre, alla purezza originaria della relazione vista, ricercata e curata come libero dono di amore.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
FONTE: Scuola Apostolica
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