Luca Rubin – Commento al Vangelo di domenica 7 Giugno 2020

Di notte. Nicodemo, un capo dei giudei, va da Gesù di notte. Con la complicità del buio non vuole essere visto, non vuole incontrare nessuno, non vuole dare spiegazioni. Tuttavia, un desiderio lo muove: incontrare Gesù e ottenere da lui delle risposte. Lo chiama Rabbì, Maestro, e al Maestro pone delle domande su quanto insegna. Il brano in questione è il centro di questo incontro; pur essendo notte, la luce splende nelle tenebre (Gv 1,5). Mettiamoci in silenzio, in un angolo della stanza, e ascoltiamo.

Disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito

Prima di queste parole, Gesù dice a Nicodemo: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14). Quel così viene spiegato nella frase che dà inizio al brano in questione, che letteralmente suonerebbe: “Dio ha amato così il mondo”. Come il serpente viene innalzato (leggi qui l’episodio), così anche Gesù, ed è così che Dio ha amato il mondo: dando il suo Figlio. Non tanto o poco: questi sono concetti consumistici, finiti anche nelle traduzioni del vangelo; se amo non c’è un tanto o un poco: o amo o non amo, e Dio ama così il mondo: dando il suo Figlio!

Dare: Il Padre affida il mondo al proprio Figlio, in modo che il Figlio si prenda cura dei suoi interessi. Il Figlio di Dio è l’immagine concreta dell’amore di Dio Padre. Vuoi comprendere l’amore di Dio per te? Guarda il suo Figlio, da Betlemme al Calvario, passando dalla bottega di Giuseppe, poi lungo il lago, al tempio e nella sinagoga, a casa di amici, nel suo insegnamento, durante la sua passione e morte, fino a giungere alle luci del mattino di Pasqua: il vangelo è come un album di fotografie da guardare e guardare ancora, per cogliere l’amore di Dio per te, non quanto, ma come: così.

Dio ama il mondo, e il Figlio ce lo dice in ogni suo respiro, in ogni suo gesto, in tutto ciò che Lui ha vissuto. Mondo, in greco si scrive κόσμος, e la stessa parola significa anche bellezza (da cui deriva cosmesi) e ordine. Dio ama il globo terraqueo? Senza dubbio! Possiamo anche dire però, che Dio ama la bellezza della sua creazione, ama l’ordine, la precisione della Natura nelle sue leggi. Francesco d’Assisi, nelle sue “Lodi di Dio Altissimo” afferma che Dio è bellezza, e Dio, creando, non può che esprimere e imprimere bellezza, ordine, armonia.

Perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

La bellezza ti è affidata, è tra le tue mani, è nell’intimo del tuo cuore, sei pervaso di bellezza, di armonia, di ordine… però c’è sempre un però. Il limite è parte integrante della tua esperienza: tutto ciò che è creato è meraviglioso, è depositario di ordine e bellezza, ed è anche limitato. Questo limite si chiama libertà: faccio il bene o faccio il male? Ecco che la bellezza di Dio viene contaminata e deturpata da scelte sbagliate, di cui i nostri notiziari e quotidiani pullulano. Dio Padre dà il suo Figlio perché chi crede (chi riconosce il suo amore) non vada perduto.

Non vada perduto. Questo è il termine opposto alla creazione, il testo originale dice: non vada distrutto. Dio Padre crea, chiama alla vita, dà alla luce, desidera la tua realizzazione, che tu sia felice, proprio come il migliore dei padri. Il Figlio è il custode della bellezza e della Vita, è colui che ti permette di vivere per sempre, e tutto ciò che succede sulla crosta terrestre diviene materiale di costruzione di quella Vita che non finisce al cimitero, ma che incontra il Padre per sempre. Perché tutto questo si realizzi c’è bisogno della tua firma: Dio non lede la tua privacy e non ti fa firmare contratti fasulli. Se tu ci stai, ci sta anche Lui.

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Colpisce questa ripetizione di “mondo”, tre volte in poche righe. Il mondo è davvero amato da Dio, è nei suoi pensieri, nel suo cuore, e lo abbiamo visto. Cosa fa chi ama? Salva, protegge, custodisce. Condannare invece significa scegliere separando, dando a ciascuno ciò che secondo il suo giudizio spetta. Il Figlio viene dato non per condannare e separare, ma per salvarlo e riunirlo a Dio.

Salvare significa consegnare qualcuno o qualcosa fuori pericolo e in sicurezza. La salvezza che ci offre il Figlio è quella di liberarci dal non senso e dal vuoto, e consegnarci all’amore del Padre, integri e vivi.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Credere ti salva, ma attenzione: non è l’adesione a una religione o a un gruppo a salvarti, bensì la relazione. Proprio la relazione con i tuoi cari salva te stesso e loro da una vita vuota, dall’egoismo, dall’acidità di una vita non donata. Esattamente in questo modo, la relazione con Dio ti salva dalla condanna dell’apatia, della noia, ti salva da una vita che presto o tardi finisce, e salvandoti ti conduce tra le braccia di chi ti ha fatto, tra quelle mani che ti hanno cullato fin dal primo istante del tuo concepimento, perché tu sei figlio suo, voluto, desiderato, amato.

Ho a cuore di terminare questo piccolo pensiero citando san Gregorio Nazianzeno, che scrive: “Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, seppellisci il suo corpo e ungilo con gli unguenti di rito, cioè circondalo del tuo culto e della tua adorazione” (Discorso 45, 23-24). Di notte, al buio, cerca risposte da Chi te le può offrire, e lasciati salvare da chi lo sa fare. Così Dio ama il mondo, così Dio ama te.

A cura di Luca Rubin

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Sono maestro elementare, professione che cerco di vivere in pienezza, non come lavoro ma come vocazione e missione.
In parrocchia sono catechista, referente per i ministranti e accolito: in una parola, cerco di dare una mano! Mi piace molto leggere e scrivere, ascoltare musica classica, country e latina, stare in compagnia di amici. […]


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