don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 6 Giugno 2020

Dimmi cosa o chi ami e ti dirò chi sei

Sabato della IX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

C’è uno scriba, che non è lontano dal regno di Dio, ci sono gli scribi che insegnano che il Cristo è figlio di Davide e poi ci sono quelli che amano la vanagloria. Gesù non prende certamente di mira una categoria di persone facendo di tutta l’erba un fascio e non lancia un giudizio sommario, ma mette in guardia dalla tendenza ad essere cultori del proprio io piuttosto che adoratori di Dio. 

Lo scriba è l’immagine di chi sta compiendo un cammino di fede per conoscere Gesù attraverso le Scritture e giungere alla scelta, da confermare ogni giorno, di conformare la propria vita alla sua. Gesù mostra attraverso le Scritture che è un Maestro autorevole perché coglie nel comandamento dell’amore il cuore della legge ma soprattutto rivela che è il Cristo, il figlio di Davide, perché in obbedienza al Padre si fa servo dell’uomo. Il credente non può ridursi a conoscere i comandamenti e le verità di fede, ma è chiamato a fare sintesi nella propria esistenza tra la Parola e la vita. Perché l’amore non sia solo predicato o inneggiato, ma anche vissuto, è necessario operare un discernimento per verificare verso chi o cosa tende il proprio cuore. 

Per compiere questa verifica Gesù offre una falsa e una vera immagine di sé: gli scribi e la vedova. In altri termini il cristiano può dirsi tale se si allontana dal modello incarnato dagli scribi vanagloriosi e dediti alla cura della loro immagine per contemplare il volto di Cristo nella povera vedova che, pur dando solo due spiccioli, ella ama Dio con tutta se stessa. 

Nella figura dello scriba possiamo leggere quella dell’autorità nella Chiesa sempre tentata di guardare altrove ed essere latitante e reticente quando il Signore chiama; la vedova è l’immagine che Gesù sceglie perché meglio rappresenta il suo amore per Dio e per gli uomini. Quando pronunziamo la parola autorità nella Chiesa il pensiero potrebbe andare immediatamente alle istituzioni ma sarebbe un modo per distogliere lo sguardo dalle proprie responsabilità perché ogni battezzato è ed ha autorità nella Chiesa; infatti, per autorità intendiamo il servizio per amore a chi ogni cristiano è chiamato. A tutti è dato e ciascuno riceve il comandamento dell’amore a Dio e al prossimo come regola fondamentale di vita. Cristo Gesù, Signore dei signori, Re dei re, ha indicato nel servizio fino alla morte, cioè il dono totale di sé, la via della vera libertà. 

Potremmo anche essere nella Chiesa, in quanto battezzati, ma non progredire sul cammino della santità se, pur conoscendo le verità della fede e compiendo tutti i doveri che la religione ci impone, non ci disamoriamo del nostro io, non prendiamo le giuste distanze dal giudizio e dal consenso degli altri, per lasciarci affascinare dalla semplicità di cui è ammantato il bene e dall’umiltà che impreziosisce l’amore. Nella semplicità e nell’umiltà, come la vedova nel tempio, Dio ci ama. Lui, e solamente Lui, vogliamo cercare, desiderare, incontrare e amare, il resto è solo inganno.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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