Gesù sta per consegnarsi nelle mani di chi lo ucciderà, e affida i suoi discepoli al Padre attraverso una lunga preghiera che è allo stesso tempo una specie di manifesto della vita del credente.
Al cuore dell’invito di oggi che la chiamata a essere nel mondo senza essere del mondo. Non è una cosa semplice da capire, figuriamoci da vivere. Quello che sembra chiedere Gesù ci parla tantissimo in un momento storico come questo in cui come cristiani stiamo faticando a riconquistare credibilità.
La rivelazione delle tante povertà umane, i cambiamenti culturali che non riconoscono più nella spiritualità cristiana un interlocutore credibile e la fatica della Chiesa a parlare ad un mondo in continuo cambiamento, le conflittualità interne alla comunità cristiana e mille altre cause di scandalo ci fanno sentire giudicati dalla società e fanno venire la tentazione di rinchiuderci all’interno dei nostri gruppetti comodi nei quali ripararsi da un mondo che sentiamo sempre più inospitale.
Eppure Gesù non prega perché ci tolgano dal mondo, ma per liberarci dal Nemico. Questo mondo quindi è il luogo in cui abitiamo, nonostante sia appesantito dalle dinamiche del male. E allora per non farci ferire ci nascondiamo nelle chiese, nei saloni parrocchiali, nei gruppi di preghiera, nelle tante e bellissime esperienze di spiritualità a cui non permettiamo che portino frutto.
Questo mondo è il luogo in cui abitiamo, non ce n’è un altro. Ed è qui che possiamo vivere la pace, la gioia che il Signore può darci. Ma soprattutto, il Signore è qui che è già al lavoro! Ma finché saremo in fuga dal mondo non avremo occhi per vedere il Signore che è già qua.
Leonardo Vezzani SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato