Commento al Vangelo di domenica 12 dicembre 2010 – padre Bruno Secondin

In questa terza Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Giovanni Battista, rinchiuso in carcere, invia dei discepoli da Gesù per chiedergli se sia lui il Messia. Gesù risponde:

«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

Interessante e sorprendente la perplessità che manifesta Giovanni Battista di fronte al modo di agire di Gesù: sarà stato il buio della prigione, sarà stata l’impressione che lo stile di Gesù era totalmente diverso dal suo, è certo che il Battista ha pensato di essersi sbagliato. Un impegno totale, una sfida a tutto il sistema religioso, una audacia che rischiava l’insulto: e ora forse la paura di aver preso un abbaglio colossale, di aver fallito missione. Perché Gesù non era un’asceta rude, non viveva isolato, stava volentieri con la gente, avvicinava gli sfortunati della vita, e non i capi religiosi. Il messaggio che Gesù manda al Battista, da una parte illustra la differenza di metodo: ognuno ha un suo modo di portare luce e verità, vuole far capire Gesù. Ma non per questo Giovanni ha fallito: la sua statura morale e religiosa è grande, la sua missione è autentica, il suo metodo efficace, ribadisce Gesù. Egli è il messaggero previsto da Malachia, è la incarnazione del grande profeta Elia. Non deve perciò temere di aver sbagliato, solo deve accettare che l’Atteso abbia altro stile, abbia più misericordia che invettiva, non accusa ma accoglienza. Anche Giovanni doveva andargli incontro, accoglierlo con stupore.

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