Mi passano davanti tutte le volte che ho preso per mano qualcuno e che mi hanno presa per mano. Penso a tutte le volte in cui non ho sentito il bisogno di fuggire. Quando qualcuno ti prende per mano in qualche modo ti comunica questo: «sto qui con te, resta qui». «Qui puoi fermarti», ci sta dicendo Gesù. Si sceglie di restare quando ci si sente a casa. Quando si può restare in silenzio senza il bisogno di dover riempire ogni spazio vuoto con le parole. Quando si può semplicemente stare così come si è. Quando si può dire “no” senza perdere un amico. E questo spazio dell’intimità dell’amicizia, dell’amore, non è uno spazio chiuso ma aperto. C’è un movimento che va da Lui a me, da me a te, e da te a Lui. Nell’amicizia ci restituiamo a Dio continuamente.
Non è il gioco di potere tra servo e padrone, non c’è un dare a senso unico; oltre la reciprocità, c’è appartenenza e libertà. Non ci sono vie di mezzo: o quella mano che ti stringe, ti soffoca e ti tiene legato o ti accompagna, ti custodisce, ti accarezza. E Gesù vuole essere chiaro, «vi ho chiamato amici» perché ho condiviso con voi tutto quello che so, tutto quello che sono.
Ci prende per mano e ci comunica questo amore del Padre, e perché siamo amati per primi possiamo andare e amare a nostra volta. Siamo in questa relazione tra pari. Possiamo stare uno di fronte all’altro senza temerci, senza che nessuno cerchi di sottomettere l’altro, o senza guardare continuamente la porta, alle vie di fuga possibili. Leggiamo “comandamento” e subito pensiamo a un dovere, a un obbligo, ma Gesù non ci propone l’amore come una limitazione della nostra libertà, tutt’altro, ci rivela che l’amore è per la libertà, per la gioia piena, per il compimento.
Ciò che rende visibile, ciò che porta sulla terra Dio, è proprio quell’amore che siamo capaci di dare agli altri fino alla fine. È un trasporto esigente, ma quanta luce in questo condividersi!
Caterina Bruno