p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 10 Maggio 2020

Grazie Tommaso per quella tua bella domanda che non dà nulla per scontato. Grazie Tommaso, nostro gemello, che non dai nulla per scontato. Tu evidenzi il problema, tu esprimi la domanda che alberga nel tuo cuore, aprendoti, in tal modo, al mistero. Non vuoi elucubrazioni mentali. Non vuoi eliminare il mistero. Semplicemente lo evidenzi attraverso la via vera che conduce alla verità e apri le porte ad accoglierlo.

Non ti accontenti delle pseudo testimonianze degli altri apostoli, vuoi mettere il dito nelle piaghe e la mano nel costato aperto, semplicemente perché evidenzi una verità dove la risurrezione non è negazione della nostra quotidianità e della nostra umanità: è vita nella quotidianità e nella nostra umanità.

Grazie Tommaso per la tua domanda che fa emergere il dubbio aprendo la via al mistero, quella via vera che diventa vita semplicemente perché è Gesù.

Se la santità, come ci dice Papa Francesco, è la nostra felicità ricercata e perseguita, il mistero non è nulla di magico ma è espressione di quella profondità che è pudore bello e vitale dell’intero creato, oltre che di noi stessi. Troppo a lungo abbiamo pensato di risolvere i nostri problemi di fede con dei bei ragionamenti e con una teologia sempre più affinata. Abbiamo vissuto la teologia, e chi la studiava, come una via per vivere quel senso di superiorità di cui abbiamo tanto bisogno. Ci siamo dimenticati di viverla come una via per potere accogliere Dio e rispondere al suo amore. Ci siamo dimenticati del fatto che una teologia o è vita santa o non è, è semplice razionalismo e gnosticismo. Ci meraviglia che la gente si allontani da tutto ciò? Meno male, il senso della fede della gente è cosa viva e divina. Non possiamo accontentarci di dire che la gente fa così perché è ignorante. Credo fermamente che i veri ignoranti siamo noi teologi che ci dimentichiamo di essere mistero e pensiamo di risolvere ogni mistero facendolo rientrare in sterili ragionamenti anche biblici.

San Francesco lo dice chiaramente a sant’Antonio di Padova: sono contento che tu insegni la sana teologia ai fratelli: stai attento che però, tramite lo studio, possa venire spenta la fede e la preghiera, il rapporto con Dio.

Tommaso è allora l’uomo della sincerità che ci apre lo sguardo perché possiamo riconoscere ancora una volta, oggi, la via. Non sappiamo quale sia, nonostante le nostre programmazioni. Sappiamo solo che anche oggi dobbiamo essere dei seguaci per scoprirla non tanto in teoria, quanto nella concretezza della vita.

Tommaso è disposto a perdere la vita con Gesù, vuole dare la vita per l’amico. Tommaso è chiamato a scoprire e a vivere che l’amore è più forte della morte. È l’amore la realtà prima e ultima, non la morte. L’andarsene di Gesù, che Tommaso vuole seguire, è il compimento del dono di sé, non la fine di tutto. La domanda, la domanda è comune a tutti noi. Quando non c’è più domanda, cominciamo a preoccuparci perché l’assenza della domanda è, normalmente, la morte della nostra interiorità e della nostra umanità. La morte che è stipendio del peccato non voluta da Dio, è via attraverso la quale Gesù ci porta sulla via della verità e della vita.

Il mistero da vivere a questo riguardo, non ha nulla né di magico né di incomprensibile. Il mistero è vita da penetrare col dono di amore. Fino a che lo analizziamo non lo capiremo. Fino a che non lo amiamo non ci rimarrà che il dire che tale mistero è roba da zotici e da ignoranti, è roba magica che disumanizza l’uomo. Mentre tale mistero è il chicco di frumento che anche oggi cade per terra per morire e dare la vita, quel chicco che siamo chiamati a riconoscere magari semplicemente odorandone il profumo. Tale mistero è presenza piena di pudore, che non ama l’ostentazione e l’apparenza; è vita che batte dentro di noi e in mezzo a noi come cuore di amore.

Noi che siamo gemelli di Tommaso, l’uomo della domanda, siamo chiamati a diventare gemelli di Gesù, l’uomo del dono gratuito di sé. L’amore è la via della verità e della vita, per quanto delusi noi ne possiamo essere.

Potremo con Tommaso cantare l’inno della vita gridando nel canto “Mio Signore e mio Dio!”. E lo faremo col dito che tocca il cielo divenendo ponte, come Gesù, fra cielo e terra. Quel canto diventerà luogo di incarnazione perché Dio oggi si fa come noi perché noi possiamo essere come Lui, viventi della sua vita di amore. Più bellezza di questo si muore. Una bellezza che si tramuta in felicità di beatitudine che canta la sapienza della croce, del dono gratuito di sé.

Così risuona anche oggi nelle nostre strade la bellissima domanda di Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
FONTE: Scuola Apostolica
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