don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 10 Maggio 2020

Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me

La separazione tra Gesù e i suoi amici è vicina e affinché i discepoli non si rattristino di fronte alla separazione, Gesù si rivolge loro con grande tenerezza – «Non sia turbato il vostro cuore» – e li invita alla fede: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Gesù aveva già detto che la vera opera gradita a Dio è la fede (cf Gv 6, 29); qui, in un contesto di crisi per la sua comunità, smarrita per il futuro che l’attende, rinsalda la sua fiducia con una promessa: «nella casa del Padre mio vi sono molte dimore […]. Vado a prepararvi un posto». Gesù sta per entrare nella casa del Padre, il Regno, ma prima promette ai suoi discepoli che la separazione da loro sarà solo temporanea: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». Ecco la grande consolazione riservata a quanti aderiscono a Gesù e vivono con lui un rapporto di intimità!

Gesù però sa bene che non basta indicare la meta, occorre mostrare anche la strada per raggiungerla. Per questo aggiunge: «del luogo dove io vado, conoscete la via». Ma Tommaso non comprende e gli chiede: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gesù allora, annota l’evangelista, gli risponde: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Il Signore è «la via»: egli si è fatto nostro compagno di viaggio, è il viandante che si unisce a noi nel nostro cammino, ci fa luce, rischiara la strada, anche se tortuosa e difficile. Gesù è «la verità», è il Verbo di Dio che si è fatto carne e ci offre la sua parola. Con Pietro e con gli altri apostoli dovremmo sempre ripetere: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (cf Gv 6, 68). Gesù, inoltre, è «la vita». Egli ci comunica la sua vita, soprattutto nell’eucaristia, invitandoci a partecipare alla sua cena, mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue.

Dopo questa affermazione, Filippo, scrive l’evangelista, chiede a Gesù: «Signore, mostraci il Padre e ci basta», e Gesù risponde: «Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me».

Gesù è la manifestazione di Dio: in qualche modo possiamo dire che Dio non è più invisibile perché si è reso visibile a noi in Cristo. Egli ci ha rivelato il Padre non soltanto con i prodigi, con i segni miracolosi che ha compiuto, ma ci ha fatto conoscere l’amore, la tenerezza, il perdono di Dio attraverso i gesti umili, semplici dell’accoglienza di tutti, compresi i peccatori, con l’atteggiamento di disponibilità, di misericordia da lui vissuto, con lo stile di servizio che ha caratterizzato la sua vita.

Egli ci ha manifestato il Padre quando è entrato nella casa di Zaccheo, quando ha perdonato l’adultera, quando si è piegato a lavare i piedi agli apostoli. Il nostro Dio non è un Dio lontano, distante da noi, ma è il Dio che si è a noi rivelato nella parola e nella vita di Gesù. Per questo è attualissima l’esortazione di Pietro a stringerci a Cristo, ad aderire pienamente a lui, guardandolo, seguendolo, imitandolo. Saremo così: «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa». Amen.

don lucio d'abbraccioDon Lucio D’Abbraccio

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