La prospettiva di cambiamento fa paura ma la fede aiuta al cambiamento di prospettiva
Venerdì della IV settimana di Pasqua
Questo brano del vangelo di Giovanni fa parte del lungo «discorso dell’arrivederci» che Gesù fa dopo aver compiuto il gesto della lavanda dei piedi. Si tratta di un dialogo tra il Maestro e i suoi discepoli nel quale il Maestro insegna loro il senso dei sette segni compiuti che preparano il segno per eccellenza, quello della croce, sulla quale si rivelerà come Signore. L’evangelista ha introdotto questo lungo discorso dall’avvertenza che finalmente è giunta l’ora di Gesù, quella «di passare da questo mondo al Padre». Come il gesto della lavanda dei piedi, che ha scombussolato gli animi dei discepoli, così anche l’annuncio della «partenza» di Gesù li disorienta. L’ora della croce segna certamente un momento di rottura e di non ritorno: nulla sarà come prima! La prospettiva del cambiamento turba e interroga chiunque. In tutti emerge la domanda cosa e come sarà il futuro? La reazione di Pietro al gesto di Gesù rappresenta molto bene la reazione di ciascuno ad un evento non previsto verso il quale ci si pone in un atteggiamento di difesa per paura. Tutto ciò che è imprevisto, non calcolato, non progettato in anticipo suscita inevitabilmente timori. Non è certamente una colpa avere paura, ma lo diventa quando agiamo spinti da essa. Da qui l’esortazione di Gesù ad avere fiducia. Se la prospettiva del cambiamento fa paura essa si gestisce lasciandoci aiutare a cambiare prospettiva.
La paura più grande è quella di essere abbandonati e perdersi perdendo una presenza importante per noi che funge da sostegno, compagnia e guida. Tuttavia, dobbiamo pensare che ogni dono ci viene dato non solamente perché noi lo riceviamo ma soprattutto perché ci cambi interiormente per diventare dono per gli altri. Il dono, o la grazia che dir si voglia, non è fatto per essere posseduto ma per essere reinterpretato. Gesù è venuto in mezzo a noi e prendendo la nostra carne è diventato uno di noi, uomo come noi, Dio con noi. Quelli che avevano mangiato i pani e si erano saziati volevano farlo re perché stesse sempre con loro. Dio viene incontro all’uomo e ai suoi bisogni ma non può essere ridotto a oggetto o mezzo di soddisfazione. Avere fede significa passare con Gesù da questo mondo al Padre attraverso le nostre croci quotidiane che, se da una parte ci scuotono, dall’altro ci aiutano a cambiare il modo di pensare, di parlare e di agire.
Il posto che Gesù prepara per noi nella casa del Padre non è un aldilà fisico. É lo spazio del cuore nel quale si stabilisce la relazione d’amore tra i figlioli e Dio Padre e i fratelli tra loro. In questo «posto» avviene il passaggio dall’io al noi. Si tratta di un decentramento dal proprio io con i suoi bisogni, desideri e attese verso il tu dell’altro o il voi della comunità. La Casa del Padre è il modo di vivere in comunione nella Chiesa. Tutti siamo chiamati ad abitare questa casa, a fare del mondo che abitiamo la casa comune nella quale non si vive come individui isolati ma da fratelli di un’unica grande famiglia, quella di Dio.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]