Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 4 Maggio 2020

Il commento alle letture del 4 Maggio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Io sono la porta delle pecore

LUNEDÌ 4 MAGGIO (Gv 10,11-18)

È cosa buona leggere un brano del profeta Ezechiele per conoscere lo sfacelo che avviene nel gregge del Signore quando a custodia di esso vi è un cattivo pastorale: “Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri. Non vi basta pascolare in buone pasture, volete calpestare con i piedi il resto della vostra pastura; non vi basta bere acqua chiara, volete intorbidire con i piedi quella che resta. Le mie pecore devono brucare ciò che i vostri piedi hanno calpestato e bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito. Perciò così dice il Signore Dio a loro riguardo: Ecco, io giudicherò fra pecora grassa e pecora magra. Poiché voi avete urtato con il fianco e con le spalle e cozzato con le corna contro le più deboli fino a cacciarle e disperderle, io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda: farò giustizia fra pecora e pecora. Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore. Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato. Stringerò con loro un’alleanza di pace e farò sparire dal paese le bestie nocive. Abiteranno tranquilli anche nel deserto e riposeranno nelle selve”(Cfr. Es 34,1-25). Senza il pastore anche la pecora diviene preda della pecore.

Il profeta Osea rivela che tutti i mali del popolo, anche materiali e non solo spirituali, sono il frutto del cattivo pastore: “Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è in causa con gli abitanti del paese. Non c’è infatti sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono. Ma nessuno accusi, nessuno contesti; contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e anche il profeta con te inciampa di notte e farò perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i tuoi figli” (Os 4,1-6). La prosperità di un popolo passa per l’opera solerte del pastore. Verità eterna.

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Se il pastore vuole essere la porta delle pecore, lo potrà essere solo in Cristo, con Cristo, per Cristo. Dovrà essere da Cristo in tutto, come Cristo in tutto è dal Padre. L’obbedienza di Cristo al Padre dovrà essere l’obbedienza del pastore a Cristo. Invece oggi non si custodisce il gregge dal pensiero di Cristo Gesù, che è il pensiero del Padre. Lo si regge dal pensiero degli uomini. Non è più la volontà di Cristo Gesù, che è la volontà del Padre, che il pastore insegna. Si lascia lui invece ammaestrare dalla volontà degli uomini. Quando si rinnega Cristo – ed è questa la vera crisi del pastore – sempre si cade nella schiavitù della creatura. Che sia schiavitù del proprio cuore, di Satana o di altre persone, ha poco importanza. Il pastore non è più benedizione di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni Pastore sia sempre dal cuore di Cristo Gesù.

Fonte@MonsDiBruno

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