don Pietro Pratolongo – Commento al Vangelo di domenica 3 Maggio 2020

Il pastore buono e bello e la porta delle pecore

Domenica del Buon Pastore ma possiamo anche tradurre Domenica del Pastore Bello, l ’Evangelista usa il termine greco Kalos,che significa bello, e anche buono.

Dovremmo riscoprire nella nostra catechesi la visione di Dio come bello e buono , e quindi: vero. La bellezza attrae per natura sua, non costringe ma muove verso se stessa, è il fascino, che risponde al desiderio dell’uomo, che da sempre anela al bello, al buono, al vero.
Dio è la bellezza e la bontà dell’amore cantato dal Cantico dei cantici, Egli «attira» il nostro desiderio di Lui, Egli non è un estraneo, ogni uomo possiede il desiderio di incontrarlo: «ci hai fatti per te e il nostro cuore inquieto non ha pace se non in te», afferma S. Agostino all’inizio della sue Confessioni.

Nel discorso al capitolo decimo del Vangelo S. Giovanni, nel contesto della festa della Dedicazione del Tempio, in un luogo preciso la porta delle pecore, dalla quale si accede al tempio, pone questo straordinario discorso.
Gesù si rivela come il «pastore delle pecore», che entra dalla porta non da «altra parte» come farebbe il ladro e il brigante.

Dio non è un pericolo per l’uomo, anzi è la risposta al suo desidero più profondo. Il ladro e il brigante, come ogni male, hanno ingressi occulti, menzonieri, subdoli. Gesù ci viene incontro disarmato, come per Saulo a Damasco, cerca il rapporto personale, chiama per nome, si manifesta come colui che vuole la nostra gioia.
Facendo questo discorso alla porta da cui si accede al tempio di Gerusalemme, Gesù non ha timore ad affermare: «chi invece entra dalla porta è il pastore delle pecore». Salendo al tempio Gesù porta a compimento le promesse dei profeti, che annunciavano i tempi in cui Dio stesso sarebbe divenuto il «pastore di Israele»: «Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio» (Ez.34,31)

Gesù definisce se stesso come il pastore che «chiama» ciascuna pecora «per nome», esprimendo così l’amore personale verso ciascuna pecora del gregge.
L’esperienza di essere «chiamati per nome» produce la sequela, «Le pecore lo seguono perché conoscono (fanno esperienza) la sua voce».
Maria di Magdala riconoscerà il Risorto quando la chiamerà per nome, quella voce, conosciuta, sperimentata, le aprirà gli occhi.
Gesù si definisce come «la porta delle pecore», che introduce al Nuovo Tempio, il Tempio del suo corpo.

Nel Nuovo Tempio, dove si rinasce per acqua e Spirito Santo (Gv.3) il cristiano trova «pascolo». Trova la via, la verità e la vita!
Gesù si pone così come Colui che è venuto, non per essere servito ma per servire, e il servizio del Pastore, bello e buono, è che «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
La pagina del Buon Pastore fissa cosi il ruolo del Ministero pastorale nella Chiesa, come attività che riconduce a Cristo, che lo rende presente, lui è il Pastore, che si «impersona» nei pastori.
Compito dei pastori è portare a Cristo, farne fare l’esperienza come bello e buono. La Chiesa nei suoi pastori con la predicazione della parola e la celebrazione dei sacramenti consente che il gregge sperimenti la vita in abbondanza.


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don Pietro Pratolongo, parroco di Pontremoli e preside della Scuola di formazione teologico-pastorale della diocesi di Massa Carrara Pontremoli.

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