Nel capitolo 24, Luca ci porta davanti all’evento della Risurrezione attraverso diverse scene: la scoperta della tomba vuota seguita dal racconto delle donne che vanno dagli 11 per poi concludersi con l’apparizione di Gesù e la sua ascensione. Tra questi due episodi troviamo l’apparizione di Gesù ai due discepoli che si allontanano da Gerusalemme .
Il racconto di Emmaus è riportato solo da Luca e ha come tema fondamentale la forma come Gesù si fa riconoscere ancora presente. Di fatto i due discepoli non appartengono alla cerchia degli undici Apostoli ma ad una più ampia che riguarda poi tutti/e i discepoli/le, che se ne vanno da Gerusalemme non per annunciare o iniziare una missione, ma perché hanno rinunciato a credere nella salvezza stessa.
In verità, come la maggior parte dei discepoli, anche loro si aspettavano da parte di Gesù una vittoria trionfante che non finisse sulla croce. Questa delusione trova eco nell’accenno al terzo giorno della scomparsa di Gesù proprio perché, secondo la credenza comune dopo tre giorni lo spirito del defunto abbandonava il cadavere alla corruzione alla morte ed era quindi considerata definitiva. Nonostante sapessero ciò che era accaduto con alcune donne del loro gruppo al Sepolcro e della loro testimonianza, i due rinunciano alla possibilità della risurrezione. Sebbene abbiano deciso di abbandonare tutto e tutti, quegli avvenimenti non avevano abbandonato loro. Il Vangelo infatti ci ricorda che nel loro andarsene questi discutevano animosamente. Non solo, nel loro cuore c’era anche molta tristezza che non si spiegava solamente per il fallimento della morte in croce di Gesù.
Ecco che nelle loro storie e nel loro cammino appare una figura che non sanno riconoscere, la presenza del resuscitato. Solo attraverso la spiegazione delle scritture ed il dialogo sincero e onesto, che viene sottolineato anche delle domande che loro pongono a questa misteriosa figura, loro riescono a scavare dentro l’esperienza negativa della loro vita. Che bello il termine usato dal vangelo quando dice che il loro cuore era ‘riscaldato/ardeva’ come se fossero accolti da qualcuno, come se un abbraccio li avesse sostenuti o li stesse sostenendo.
La sola parola e le spiegazioni non sembrano essere sufficienti però a condurli alla comprensione di quello che era successo. Gesù doveva sedersi con loro, doveva spezzare il pane per loro affinché comprendessero quello che è il mistero della presenza di Dio nella vita umana e, soprattutto, la vittoria di Dio di fronte a tutto ciò che nell’esistenza è segnale di morte e di sconfitta.
La storia di Emmaus ci ricorda che il riconoscimento della presenza viva di Gesù è fondato innanzitutto su un’attenta lettura delle scritture. Di fatto i due discepoli non erano disposti ad accettare l’evento della croce perché non avevano saputo cogliere nella storia della salvezza il significato di questo sacrificio. Attenti però, il testo ci dice anche che la sola rilettura delle scritture non fu sufficiente ad aprire loro gli occhi. Il riconoscimento avviene attraverso il gesto dello spezzare il pane che richiama non solo Gesù ma la comunità nella quale l’amore che ha portato Gesù a morire in croce si manifesta attraverso l’amore vicendevole dei discepoli.
Per questo mi piace questo racconto. In fondo la fede che ognuno di noi porta nel cuore vive momenti di forte delusione nelle nostre vite. Quante volte abbiamo avuto la tentazione di mandare tutto all’aria, o abbiamo abbandonato la nostra fede perché delusi, insoddisfatti. Eppure la cosa ci ha lasciato sempre irrequieti nell’attesa che qualcosa o qualcuno facesse un po’ di luce o semplicemente ci riportasse quel calore che la fede in Gesù ci ha sempre trasmesso. Ma bisogna crescere, bisogna superare ciò che noi vorremmo che la fede sia per accoglierla per ciò che è. Il vangelo ci ricorda che avere fede significa continuare il cammino e che questo ci richiede due cose: conoscere più profondamente le sacre scritture e fermarci al tavolo della mensa con la comunità dove il pane viene spezzato.
P. Arturo MCCJ
Fonte: https://missioworld.wordpress.com/2020/04/15/commento-2a-domenica-di-pasqua-anno-a/
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