“ Chiunque crede in lui non vada perduto “, “ chi crede in lui non è condannato “.
“ Credi in me “, come più volte ho ripetuto nelle mie brevi riflessioni al Vangelo, è il “ comandamento nuovo “ che il Signore Gesu’ porta con la sua venuta.
Ed il Vangelo di oggi ci spiega, in modo mirabile, quali sono gli effetti, nella nostra vita, della decisione, libera, di “ credere “ o “ non credere “ in lui.
Chi “ non crede “ è già stato condannato.
E’ proprio cosi’.
Non credere significa infatti non avere fede, non comprendere l’enorme amore avuto dal Padre per te sin dall’eternità, manifestatosi concretamente nel dono del Figlio, venuto, vissuto e morto per te, per i tuoi peccati.
Significa, pertanto, “ non lasciarsi amare “, preferire le “ tenebre “ alla luce, far trionfare “ l’ uomo vecchio “, ingabbiato nei piaceri della triplice concupiscenza, piuttosto che dare spazio all’ “ uomo nuovo “ che ciascuno di noi, per grazia, è divenuto con il dono del Battesimo.
Chi non si lascia amare non potrà, a sua volta, amare, ed è destinato, su questa terra, alla tristezza, perché schiacciato dal peccato, che lo “ imbruttisce “, lo rende “ oscuro “, nonché alla “ dannazione eterna “ perché, consapevolmente, ha ripudiato l’amore gratuitamente offertogli.
Chi “ crede “, al contrario, non è condannato.
Perchè?
Perché si è “ lasciato amare “ da Dio, rende grazie per l’amore ricevuto e vuole, con i suoi limiti e fragilità, ricambiarlo.
E’ innamorato della “ luce “, vive da “ trasfigurato “ ed è evidente che le sue opere sono fatte “ in Dio “, cioè non per mera filantropia ma per riconoscimento del volto di Dio in quello del fratello.
Il Vangelo ha parlato, come sempre, chiaro.
Sta ora a noi, in piena consapevolezza, scegliere di “ credere “ o di “ non credere “, di “ abitare nella luce “ o di “ dimorare nelle tenebre “.
E io, e tu, da che parte voglio/vogliamo stare?
Buona giornata e buona riflessione a tutti.