In questo Vangelo notiamo quanto sia stato difficile per Pietro e per i discepoli credere che Lui fosse il Signore; la stessa cosa vale per i giudei di cui parla l’evangelista Giovanni. I giudei non credevano a Gesù, più che altro gli davano credito per le opere che aveva compiute.
Essi però non erano in sincera ricerca, non erano disposti a seguire il Signore partendo da una presa di coscienza autentica della propria condizione esistenziale. La salvezza che Gesù offre a tutti non può partire se non dalla verità di riconoscersi peccatori.
Nel colloquio descritto nel Vangelo di oggi, il Signore mostra ai suoi interlocutori quale sia tale condizione e dice su di loro una verità che essi giudicano inaccettabile: non la filiazione che, per il tramite di Abramo, riconduce a Dio, bensì la filiazione che, mediante la menzogna e la volontà omicida, riconduce al demonio, colui che è il padre stesso della menzogna.
Gesù spiega che sta facendo la volontà di Colui che l’ha mandato ma i presenti non riescono a capire che sta parlando di Dio. E non capivano il significato dell’innalzamentolo del figlio dell’uomo. Su questa pietra d’inciampo quel barlume di fede dei Giudei si dissolve. Ritorna in mente Zaccheo, una figura che si pone come antitesi ai giudei del brano odierno. Le porte della salvezza per quest’uomo disprezzato si spalancano proprio nel momento in cui egli apre gli occhi sulla sua condizione.
Al Signore non serve altro.
Commento a cura di: Lorenzo Gobbo
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.