La Carità fraterna è il segno luminoso nel mondo avvolto dalle tenebre della paura
Martedì della V settimana di Quaresima
«Dove vado io, voi non potete venire». Sta per giungere il momento della Pasqua di Gesù, l’ora di «passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1), non è un passaggio facile perché bisogna attraversare la morte. I farisei pensano che Gesù sa di andare incontro alla morte perché vuole togliersi la vita, mentre in realtà Egli sta andando sì verso la morte, ma incontro al Padre, amando i suoi che sono nel mondo fino alla fine, fino ad offrire la sua vita.
Come accenna la vicenda narrata nella prima lettura, la morte è causata dal morso dei «serpenti brucianti» mentre il popolo stanco del cammino nel deserto parla contro Dio e Mosè. La mormorazione, cioè il parlare contro gli altri, soprattutto quelli che stanno facendo qualcosa per aiutarci a venir fuori dal “deserto”, è causa di quello che Gesù chiama «morire nel peccato». Il parlare male degli altri, da una parte è come il morso del serpente che avvelena e causa morte attorno, dall’altra crea una voragine che fa cadere nel vuoto l’aiuto di Dio che ci viene offerto per mezzo dei fratelli.
«Chi sei tu?», domandano i farisei a Gesù. Questo interrogativo è bene porlo a Gesù: «Tu, chi sei, per me?». Egli risponde andando incontro alla morte come ogni uomo mortale anche se lui è Dio, e come tale è immortale. Perché Gesù è morto? Perché noi morendo non rimaniamo «di quaggiù» ma, come Lui, diventiamo «di lassù». Credere in Gesù significa procedere nel cammino della vita, soprattutto quando essa ci appare come un deserto in cui ci manca molto, con la certezza che Lui non ci lascia soli, anche se ne avvertiamo l’assenza.
Nell’ultima cena Gesù ripeterà agli apostoli: «Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire», ma aggiunge: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 33-34). Nel suo cammino terreno Gesù ha sofferto molto per le parole cattive rivoltegli come fendenti. Lo hanno ferito tanto, ma egli non ha mai risposto col giudizio e la condanna come avrebbe potuto fare, ma ha replicato come il Padre gli diceva di parlare e agire. Gesù ha declinato l’amore con la solidarietà attraverso gesti e parole di perdono, di guarigione e di consolazione. L’amore agli uomini è stata la luce che l’ha guidato nelle tenebre della prova. Amando gli uomini fino alla fine, e innalzato sulla croce, è diventato punto di riferimento per ogni uomo che alzando gli occhi verso di Lui, può ottenere la vita.
Così anche i discepoli, nel loro servizio quotidiano, possono essere accecati dall’orgoglio che porta a parlare male degli altri o dallo scoraggiamento che può abbatterli. Sempre, ma soprattutto nei momenti bui, alziamo gli occhi verso Gesù Crocifisso, la nostra stella polare, che ci indica il cammino di liberazione e di vita verso il Padre. Guardando Gesù troviamo forza per amarci reciprocamente e diventare in un mondo, avvolto dalle tenebre della paura e della debolezza, una luce di speranza.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!