don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 26 Marzo 2020 – Gv 5, 31-47 

La lingua che mormora sega il ramo sul quale si è seduti

Giovedì della IV settimana di Quaresima

Es 32,7-14   Sal 105  Gv 5,31-47 

Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, Dio accusa il popolo d’Israele di idolatria perché, voltandoGli le spalle, hanno adorato un idolo, opera delle loro mani. Il peccato d’idolatria è paragonabile a quello dell’adulterio nel quale si tradisce la persona che si diceva di amare per cercare e trovare piacere altrove. Il peccato non è semplicemente la trasgressione di una norma, ma è la rottura dei legami personali. Ogni relazione, soprattutto quella affettiva, è un canale attraverso cui passa la vita. Ogni qualvolta ostruiamo col peccato, che è sempre un atto di orgoglio ed egoismo, il sistema circolatorio della misericordia non permettiamo che la nostra vita riceva l’apporto necessario di amore. Un corpo al cui interno non circola vita è morto e si corrompe; così avviene quando facciamo cadere nel vuoto la Parola di Dio. Quando eliminiamo Dio dalla nostra vita adoriamo il nostro io. 

Davanti alla denuncia che Dio fa a Mosè del peccato mortale del suo popolo, il profeta intercede per Israele. Gesù è la risposta di Dio alla preghiera di Mosè. Il Padre manda suo figlio a compiere un’opera di sanazione dal virus del peccato. Mettendo da parte l’ira e rinunciando ad ogni forma di condanna, invia Gesù a farsi prossimo all’uomo affinché, soprattutto nel dolore, si converta dalla sua condotta malvagia che lo porta alla morte e si accorga che solo Dio lo ama e gli dà la vita ed è solo confidando in Lui che trova salvezza. 

Suonano quanto mai attuali le parole ammonitorie che Gesù rivolge a quelli che danno ascolto agli uomini di Dio a corrente alterna o per convenienza, e coloro che studiano e citano la Scrittura usandola, non per trovare conforto e motivo per fare una personale revisione di vita, ma per percuotere il petto degli altri, accusare, spargere paura e diffidenza. Molti si fanno giudici degli altri mostrando insofferenza verso ogni forma di autorità. Quanto male fa al corpo sociale iniettare discredito, alimentare polemiche, scaricare la propria rabbia sugli altri.  

Gesù è la voce da ascoltare e il viso da contemplare del Padre; Lui è la nostra salvezza! Le opere che compie rivelano la misericordia che Dio vuole offrire ad ogni uomo perché viva. Ma oggi come parla Dio e come si fa prossimo? Lo fa attraverso tutte quelle persone che a vario titolo e con diverse competenze e responsabilità si prendono cura di noi. La loro opera, come quella di Gesù, spesso non è riconosciuta valida né apprezzata, ma aspramente criticata, accentuando i limiti, facendo processi alle intenzioni e presumendo di avere la soluzione in tasca. 

La rabbia può essere un fattore moltiplicatore dell’orgoglio, dell’egoismo e dell’avidità, che sono il vero male dell’uomo contro cui combattere. Nei momenti di maggiore debolezza sociale è quanto mai opportuno rinforzare le difese immunitarie con l’amore, la stima, la gratitudine e la collaborazione reciproca. 

Facciamo attenzione alle critiche ingenerose, ingiuste e sproporzionate rispetto alle proprie competenze e reali conoscenze perché rischiamo di tagliare il ramo dell’albero dove siamo seduti. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!  


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