La barella racconta la storia di solitudine, guarigione e salvezza
Martedì della IV settimana di Quaresima
Nella visione di Ezechiele, riportata nella prima lettura, dal lato destro del tempio esce l’acqua che forma un torrente la cui portata cresce sempre di più man mano che scorre. Non si tratta di acqua stagnante ma in movimento, è acqua viva. Dovunque giunge quest’acqua porta la vita. L’acqua viva e risanante è Gesù, che raggiunge chi sta ai margini della comunità o sulle sponde della vita ad aspettare il tempo opportuno della guarigione.
Anche la piscina delle pecore, fuori dell’area sacra del Tempio, era un luogo di sofferenza e di emarginazione. Gesù si fa prossimo ai molti infermi che stazionano sotto portici. Quello che dice a uno lo dice a tutti, anche a noi che in questi giorni siamo relegati in casa e non possiamo muoverci liberamente come eravamo abituati a fare e che comprendiamo quello che vivono anziani e malati che non hanno la possibilità di uscire. Nella solitudine scopriamo il bisogno della relazione e ci rendiamo conto anche di quante volte vi abbiamo rinunciato, soprattutto a quella di aiuto, per la pretesa dell’autonomia e dell’autosufficienza.
La domanda di Gesù: «vuoi guarire?» non è inutile perché quell’uomo, che giace ai bordi dell’invaso d’acqua, forse ha sepolto sotto una coltre di esperienze deludenti la speranza di essere guarito. Le delusioni possono spegnere i desideri e indurci al fatalismo e alla rassegnazione. La parola di Gesù rimotiva la nostra vita, fa balenare nuovamente un significato per cui continuare a vivere. La speranza, intesa come desiderio di vita, è l’unica forza interiore che sostiene l’autodeterminazione.
Il comando: «alzati, prendi la tua barella e cammina» è una parola che ordina di vivere e agisce nell’intimo della persona che, liberata dai vincoli che gli impedivano di muoversi, ha la capacità di mettere in pratica il comando.
Non sappiamo quale patologia abbia reso inferma quella persona, come spesso non abbiamo contezza di quale sia la causa dei nostri blocchi, ma sappiamo che qualsiasi malattia sia, è sanata attraverso la parola di Gesù. La relazione con Dio guarisce. La guarigione avviene nel mistero che ci abita, nella interiorità che appartiene a ciascuno. Lì dove si annida il male, spesso anonimo e oscuro, agisce Dio in modo tanto silenzioso quanto profondo. Lì dove il peso del peccato come un macigno schiaccia e chiude, la forza della Grazia di Dio rialza e spalanca il cuore alla vita.
Dietro la guarigione del corpo, che rende autonomo il malato, c’è la salvezza operata da Gesù che rende libero colui che ascolta la sua parola e la mette in pratica. La parola di Gesù è superiore alla legge perché essa dona il perdono che guarisce il cuore.
La persona guarita da un male la prima cosa che fa è lasciare e mettere da parte tutto ciò che le serviva durante la malattia. La barella, che per trentotto anni era stato l’unico strumento che gli permetteva di continuare ad andare alla piscina delle pecore nella speranza di essere guarito, ora viene portata come un segno per ricordare che la speranza non è legata alla fortuna ma ha il nome di una persona e che la vita non è una gara a chi arriva primo ma è un dono che non va sciupato col peccato che fa ricadere nella dipendenza.
Quando passerà la prova e potremo nuovamente andare dove desideriamo e fare liberamente quello che vogliamo, non archiviamo il passato come fosse qualcosa da dimenticare, ma ricordiamo che Dio sempre ci ama e ci solleva come su ali d’aquila, non però per ritornare a competere tra poveri e insuperbirci, ma per renderci più umili e amabili.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!