d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 17 Marzo 2020 – Mt 18, 21-35

Il perdono avviene nel cuore. Un buon papà può perdonare dentro di sé il figlio undicenne che, pur non vivendo problemi particolari, a casa non svolge i suoi compiti di studente. Anzi questo genitore potrà sentire tanta tenerezza, ricordare qualche propria marachella giovanile…

Ma al figlio potrà all’opportuno manifestare con amore che se non studia incorrerà in qualche sua sanzione. Più maturiamo nella sequela di Gesù più veniamo condotti in una profonda accettazione, comprensione, attenzione, all’altro. In una misericordia totale verso l’altro. E più, anche con le esperienze, ci avvediamo che il momento della parola ferma detta saggiamente spesso arriva molto dopo il tempo in cui noi potremmo talora farlo giungere.

Anche se può arrivare. Impariamo a maturare le risposte nella preghiera, nel tempo, attendendole dal cielo. Cercando di imparare a non lasciarci sopraffare dall’emotività, ma proprio sempre più maturamente ispirati dal perdono nel cuore. In questo brano emerge anche un altro aspetto molto significativo. I servi dei vangeli sono spesso presentati da Gesù come umili strumenti del suo amore. Si legge una parabola e tale storia non potrebbe svolgersi senza di loro ma quasi non ci si avvede di essi. In realtà questo è non di rado il modo più incisivo per trasmettere l’amore di Dio: dal vivo, con semplicità.

Qualcuno dei servi presentati da Gesù può chiudersi nel proprio egoismo e dunque agire in proprio. Ma la maggior parte di essi non fa che cercare di eseguire con zelo la volontà di Dio. Anche se ciò in, pur buona, varia misura. E come apre nuovi orizzonti il sereno e attento cercare di portare frutto al cento per cento! Forse però questo è l’unico episodio in cui i servi sembrano quasi prendere una loro iniziativa, non esplicitamente richiesta dal padrone. Certo è anche qui un parlare dei fatti accaduti col padrone. Ma in altri casi li vediamo porre qualche domanda chiarificatrice a lui che sta comunicando con loro.

Qui sono loro che vanno ad informarlo. È la misericordia, la compassione, che li muove, che li rende certi di essere nel cuore mossi ancora una volta da Lui, che è misericordia e compassione. Si tratta di un aspetto determinante di questa parabola. Una società può andare a scatafascio per il cordiale non immischiarsi nei fatti degli altri, per il pensare solo al proprio orticello. L’accoglienza, l’attenzione, la disponibilità, reciproche sono la base di una società rinnovata.

Le dittature cercano di spegnere queste reti di libertà e di partecipazione e molto confidano su questo girarsi dall’altra parte, anche dove e come sarebbe realisticamente possibile un altrimenti. Gesù qui dunque rileva il motivo per cui i così docili servi si muovono. Non farlo significherebbe divenire corresponsabili di un’oppressione, venire meno alla volontà di Dio. La Sua logica è agli antipodi di quella uniformata e uniformante degli apparati, che possono pervenire a plasmare persone persuase di vedere il re vestito anche se è nudo.

A cura di don Giampaolo Centofanti su il suo blog


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