Chissà cosa avranno pensato o cosa si aspettavano Pietro, Giacomo e Giovanni, quando Gesù chiese solo a loro di seguirlo su un monte (Mt 17,1). Forse non era facile capire Gesù. Forse non era facile capire le sue richieste. Forse stare con Gesù non era così semplice. Era spesso come stare davanti all’imprevedibile. E a noi non sempre piace l’imprevedibile. Provate a leggere poco indietro al vangelo di oggi. Pietro ode su di sé parole sublimi dalla bocca del Maestro e, subito dopo, quella stessa bocca gli dà del diavolo. Così vicino e così lontano in un brevissimo lasso di tempo (Mt 16,16-23). Forse che non ci si sente molte volte così nel nostro cammino con Dio? Una cosa è certa. Gesù guida il gioco della vita, l’iniziativa è sua: li prese con sé. E se ci prende con sé, per portarci in disparte, dobbiamo lasciarlo fare. Qualunque cosa abbiano pensato, o qualunque fosse la loro attesa, i discepoli fanno la cosa giusta: obbediscono perché rinnovano la fiducia in Gesù, malgrado tutto.
Trasfigurazione, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, marzo 2015
E mentre salgono su quella vetta, ecco una metamorfosi. Questo il significato letterale del verbo in greco tradotto con: fu trasfigurato davanti a loro (Mt 17,2). Gesù assume una forma nuova agli occhi dei discepoli, non secondo un processo tipicamente pagano per cui la divinità assume sembianze umane, ma piuttosto l’inverso. La sua umanità risplende improvvisamente in una modalità che all’evangelista riesce difficile descrivere: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Una intensa luminosità, una percezione di chiarezza della persona di Gesù che fu difficile descrivere persino ai tre discepoli. E poi la presenza di due personaggi-chiave della storia di Israele che parlano con Lui (Mt 17,3). Come a dire che in quegli indicibili frangenti di tempo c’era nei discepoli una sensazione viva di pienezza di significato. Non sembrava più chiara soltanto l’identità di Gesù, ma anche cos’era la loro storia. O meglio, cominciava ad essere più chiara, perché doveva ancora arrivare il mistero della croce.
Che cosa è importante per noi aspiranti discepoli di oggi accogliere da questo vangelo in tempo di quaresima? Mi sembra sostanzialmente 3 cose. 1) Il nostro cammino di fede è un lento apprendistato a fidarci di Dio. A noi il cercare di essergli fedeli, non il cercare a tutti i costi esperienze “speciali” per l’appetito dei nostri sensi. Lasciamo al Signore Gesù questa libertà di rivelarsi a noi come e quando vuole. Altrimenti rischiamo di voler tenere noi le redini della nostra vita, che in genere ci procura più guai che benefici. 2) Se stiamo diventando davvero discepoli suoi, al di là dei momenti difficili che tutti attraversiamo, allora stare davanti a Gesù, vivere con Lui la propria vita, è la cosa più bella che ci possa capitare: è bello per noi stare qui (Mt 17,4). Se uno non trova bello stare in disparte con il Signore, o non sa ancora chi è il Signore o non lo ha ancora come Signore della propria vita. 3) Se vogliamo camminare nella traiettoria dei punti 1 e 2, c’è un solo principio di vita da amare/rispettare. La voce del Padre proveniente dalla nube luminosa non lascia spazio a soggettive interpretazioni. Ciò che dà forma “cristiana” alla nostra esistenza, è ascoltare Gesù (Mt 17,5). Chi lo ascolta diventa della sua stessa forma, perché le parole di Gesù sono ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3). Chi lo ascolta viene generato a una vita nuova.
Una persona che ha inciso molto nella mia formazione dice che la nostra trasfigurazione comincia quando, invece di pensare e ascoltare noi stessi, cominciamo ad ascoltare Gesù. Non può che essere così. Dio mostrò ai discepoli per qualche istante la sua Gloria nella umanità di Gesù perché ci specchiassimo nel suo volto. Chi ascolta e segue Gesù, ha lo splendore divino come suo destino. La sua forma diventa progressivamente luminosa, come quella di una donna di 94 anni che oggi pomeriggio sono andato a visitare. Una donna di preghiera che da tanto tempo non riceveva la visita di un sacerdote. Era letteralmente fuori di sé per la gioia e la gratitudine che sentiva. Non smetteva di dirmi in continuazione, mentre mi guardava stupefatta per la mia presenza in casa sua: “lei non può immaginare quale gioia e quale regalo mi ha fatto questa sera”. Mentre i suoi occhi mi fissavano come se vedessero qualcun altro, io vedevo nei suoi occhi e nel suo fragilissimo corpo un piccolo riflesso della Gloria che avvolgeva entrambi, come la nube luminosa avvolse quel giorno i discepoli sul Tabor. Augurandoci che, davanti ai nostri occhi, rimanga sempre e solo Gesù (Mt 17,8).