p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 14 Febbraio 2020

Oggi è la festa di san Cirillo e Metodio, gente che ha speso la propria vita per amore. Oggi si festeggia anche san Valentino, il santo degli innamorati, che rischia di diventare un moto ossessivo per fare spendere qualcosa in più a quelli che debbono dimostrare di essere innamorati.

Oggi il Signore Gesù ci invita ad una festa di amore. Se l’innamoramento è un primo moto del cuore più legato alla giovinezza, l’amore è il passaggio successivo dove l’innamorato e l’innamorata decidono di spendere la propria vita per l’altro. A ben guardare il nostro mondo di adulti e vecchi che vogliono festeggiare san Valentino, un po’ mi preoccupa. Mi preoccupa perché vuole essere un momento per recuperare ciò che non c’è più e non accettare di fare il passaggio successivo, dalla giovinezza all’età adulta, dove finalmente decidiamo di diventare uomini e donne che donano la propria vita per la vita dell’altro.

Gesù manda i suoi discepoli ad amare il mondo, non a convincerlo di una teoria. Noi siamo questi discepoli mandati nel mondo ma, prima ancora, mandati nel nostro mondo, nel nostro mondo di relazione a due, nel nostro mondo familiare, nel nostro mondo vicino a noi. Non siamo chiamati a fare i super eroi che abbracciano il mondo intero con braccia spropositate, mancanti di quelle braccia normali che ti permettono di abbracciare chi è vicino a te. L’abbraccio del vicino coinvolge e ci spinge all’amore, l’abbraccio del lontano troppo spesso è una fuga dall’amore per rimanere adolescenti innamorati a vita, vale a dire ragazzotti mai cresciuti.

Quale è la forza dell’amore che Gesù mette in campo per noi e chiede di mettere in campo per la vita del mondo? È una forza un po’ radicale ma vera e bella. Ci dice: andate spogli di tutto, mettetevi nudi gli uni davanti agli altri, non solo perché non avete vestiti ma anche perché lasciate nell’armadio l’armatura con cui affrontate la vita: chi ama fa cadere le armature, chi non le fa cadere è un illuso che vuole illudere qualcun altro. Lasciare da parte quello che continuate a credere essenziale ma essenziale non è. Essenziale è l’amore, non l’innamoramento, vale a dire il desiderio di soffrire per l’altro/a, di darmi all’altro/a, di essere per l’altro/a. Non è centrale che io stia bene, è centrale essere vero per essere dono di amore che di conseguenza mi farà essere bene e dunque stare bene. Lasciate ciò che essenziale non è, se volete amare: borsa, sacca, sandali che sono il minimo necessario per essere in cammino, sono da lasciare. Queste cose vanno bene se camminiamo da soli, se camminiamo in coppia, se camminiamo con e per amore, non servono più, non sono più essenziali. Ciò che diventa vestito vero è la comunione e il comunicare vero fra i due. Sembra una cosa impossibile ai nostri giorni? Forse, ma questa è la vera umanità nella quale si gioca la nostra fede. Nel camminare l’uno verso l’altra, nel camminare insieme nella vita, ci chiede di essere portatori di una sola cosa: la pace! Questo siamo chiamati ad annunciare facendo della nostra vita un luogo di pace relazionale. Noi che abbiamo così bisogno di guerra per dire che ci sono e che valgo qualcosa, siamo chiamati ad abbandonare la via dell’innamoramento, che è bella per iniziare, e ad entrare nella via dell’amore dove la guerra non ci interessa più, dove l’odio non può muovere la vita, dove la sopraffazione il dire tu sei mio o tu sei mia, perde di senso sempre più. L’annuncio del Regno a cui siamo mandati, non è una chiacchiera è una vita innamorata del dono, che perde ogni fronzolo di innamoramento per diventare dono di vita, capacità di morire per l’altro, desiderio di essere tutto e tutta per te: questo è annuncio della Buona Notizia. Il mazzo di fiori da regalare oggi è uno stare seduti in solitudine su di un bel balcone di belvedere a contemplare l’alba che è nascita alla speranza e il tramonto che è dono di amore totale di sé, fino alla morte per l’altro.

Spogli di tutto, finalmente veramente nudi l’uno di fronte all’altro, siamo resi liberi di tutto e da tutto per essere tutto nell’abbraccio di amore. Liberi dai risultati potremo donare pace ed essere pace fregandocene dei risultati: così, solo per amore, quasi senza accorgercene. Non abbiamo bisogno di fermarci lungo la strada, ma camminiamo nell’amore che è strada vera e cammino di vita e di gioia vera.

Non è importante il cibo quando si ama: è cosa secondaria. Non è importante cosa si beve: c’è una sorgente di amore a cui dissetarsi. Accontentarci, e smetterla di volere sempre di più, è una dinamica di amore che cambia la vita e ci fa riscoprire angoli bui, rimasti al buio a causa della nostra piccolezza, che sono casa vera, luoghi di accoglienza, casa accogliente. Allora diverremo capaci di stare nella pace donando pace per amore, perché liberi da ogni pretesa, perché poco interessati ad avere molto e a continuare a contare le monete dei nostri successi come l’avaro di beneamata memoria. Liberi di amare e liberi nell’amore perché donanti e responsabili, diverremo capaci di essere guaritori di sofferenza che spesso attanaglia i nostri cuori e i cuori dell’amato/a. La malattia, come la morte, sono solo occasioni sublimi per affinare il nostro amore e per divenire veramente amanti e non più solo ragazzini innamorati.

Fonte

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI


La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10, 1-9

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Parola del Signore

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