Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 2 Febbraio 2020

Le letture evangeliche domenicali, ultimamente ci stanno facendo rimbalzare di continuo: una volta siamo in Giudea, la volta dopo in Galilea; Gesù non ha fatto in tempo a nascere, che è già adulto e sta dinanzi al Battista a chiedergli il battesimo, ed oggi è tornato ancora neonato; liturgicamente siamo nell’anno A (ovvero il Vangelo «guida» è quello secondo Matteo), ma due domeniche fa abbiamo letto o ascoltato Giovanni, e oggi siamo al cospetto di Luca.
Quanta confusione questo Gesù!
In realtà non è disordine, ma complessità: ed è per questo che ai fedeli è necessario un percorso di iniziazione (che non si esaurisce nel proporre una traduzione più armoniosa rispetto ad un’altra), per non inciampare in questi «salti»; ed è per questo che suggerire o perorare letture autonome o letterali della Parola di Dio, rischia di provocare dolorose «scottature».
Non a tutti, però, è gradita l’opera di interpretazione e di esegesi delle Sacre Scritture secondo il Magistero e la Tradizione della Chiesa, in quanto tale proposta viene reputata come «manipolazione capziosa», artatamente costruita per (chissà quali?) oscuri obiettivi; e le «bruciature» di cui sopra sono considerate come spregevole minaccia, che proviene da un’abominevole autorità precostituita, nei confronti di chi ha il diritto di essere libero, libero anche di leggere ed analizzare, con le proprie capacità, i Testi Sacri.
Ebbene, se il termine «scottature» risultasse atteggiamento troppo intimidatorio, allunghiamo l’aceto con tanta e tanta acqua, dicendo garbatamente che chi si incammina senza iniziazione, o da solo, entro la Parola di Dio, ha buone probabilità di incontrare la compagnia di un «seducente teologo», che parla di pane e non di pietre (cf. Lc 4, 1-13).

Sia lo Spirito Santo compagno allo scrivente e al lettore.

Sarebbe interessante contestualizzare storicamente ed antropologicamente l’episodio evangelico che quest’oggi ci si presenta dinanzi, vero e proprio spaccato della tradizione normativa ebraica; inoltre, certamente il lettore avrà intuito che anche in tale pericope, come ad esempio in quella del Battesimo di Gesù (cf. (per) ORA) è presente vigorosamente la Trinità, senza dubbio la vera protagonista del brano odierno.
Tuttavia lo scrivente vuole estrapolare dal Vangelo proposto in questa domenica, un termine che potrebbe creare qualche sospetto: la parola che indichiamo quest’oggi (tanto per rimanere in tema di «confusione») è PAROLA.
Essa è indicata una sola volta, al versetto 29 («Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola»): che rilievo potrebbe avere? Inoltre, ed ecco il sospetto, non avevamo già parlato di «parola» quando incontrammo il termine «lògos» (cf. LÒGOS)?
La risposta è che nella pericope odierna, il termine greco adoperato per «parola» non è «lògos», bensì «rèma».
Ma, se dicemmo (come del resto è risaputo a tutti) che «il Lògos» è Gesù, com’è possibile che oggi, in riferimento al Signore, si adoperi un altro lemma? Quante «parole del Signore» esistono?
Ebbene, sono tutte domande lecite, per le quali lo scrivente non ha di certo la risposta definitiva.
L’unica strategia che possiamo intraprendere, per chiarirci un po’ le idee, è la solita, ovvero andare a cercare dentro il termine in sé: forse potremmo scoprire qualche cosa.

Primo punto
Il lemma «rèma» significa precisamente «parola», ma vale anche in esteso «frase/espressione». Fondamentale, come sempre, è andare alla radice del termine, che in questo caso è «ver».

Secondo punto
La radice «ver» accomuna «rèma» al suo verbo di corrispondenza, ovvero «èiro», il quale significa chiaramente «dire/parlare».

(Inseriamo la seguente precisazione in parentetica, a titolo di nota, senza sviluppare la questione, altrimenti non termineremmo di scrivere mai, con l’auspicio, magari, qualora voglia il Signore, di affrontare l’argomento in una futura occasione: è molto interessante notare come nel versetto che oggi ci fa da guida, ovvero il versetto 29 [«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola»], al cospetto del «servo» [Simeone] che supplica, il termine usato per «Signore» in greco non sia il solito «kùrios», ma «despòtes». Questo versetto, e palesemente tutta l’intera pericope odierna, sembra proprio racchiudere in sé, anche nell’uso dei termini adoperati dall’evangelista, l’impostazione e la visione legalistica che il popolo ebraico aveva nei confronti di «Adonai», il quale veniva percepito più come «despota» che come «Abbà». Ed è interessante come «rèma», oltre a quanto indicato nel Primo punto, significhi anche «sentenza/precetto»; e come «èiro», oltre a quanto indicato nel Secondo punto, significhi anche «ordinare/stabilire». Il Signore è anche questo: ma non solo questo! Ci basti per oggi)

Terzo punto
Il verbo «èiro» (radice «ver»), che abbiamo visto significare «dire/parlare», non esaurisce qui il suo senso. Esso ha una radice ancora più profonda, ovvero «sarat», la quale significa «infilare/intrecciare».
Ebbene, da quanto detto oggi circa il sostantivo «rèma», nonché da quanto commentato tempo fa in merito al termine «lògos» (cf. LÒGOS), pur se entrambe sono riferite al Signore; pur se entrambe valgono «parola», nelle loro radici riferiscono effettivamente due percorsi diversi: rammentiamo sommariamente che «lògos», nella sua radice, esprime «raccogliere», mentre abbiamo visto che «rèma», nella sua radice profonda, esprime «infilare/intrecciare».
Tuttavia, non è forse vero che la «parola» è «raccogliere» una esperienza in un «intreccio» di lettere?
Non è forse vero che un «discorso» («lògos») è una raccolta di «frasi» («rèma») intrecciate?

Quarto punto
Dal greco fin ora esplicitato, facciamo un balzo al latino.

1-Dalla radice «ver», che è la fonte di «rèma» e di «èiro», germoglia il nome latino «verbum», il quale non ha bisogno di essere tradotto. Esplicitiamo giusto la puntualizzazione che oltre a significare «parola», pure «vebum» vale, come il capostipite greco «rèma», «sentenza».
Possiamo trovare anche qui una congiunzione relazionale tra «rèma» e «lògos»: in latino, infatti, «verbum» esprime tanto «rema» quanto «lògos»: «Nunc dimittis servum tuum, Domine,
secundum verbumrèma») tuum in pace» (v. 29); «In principio erat Verbumlògos»)» (Gv 1, 1).
Ma se neanche questo non bastasse a soddisfare i nostri sbandamenti, potendo addurre la motivazione che la lingua latina è lessicalmente più essenziale di quella greca (con meno parole deve esprimere una pluralità di sensi), ebbene, procediamo con un altro termine.

2-Dalla radice «sarat», anch’essa fonte di «rèma» e di «èiro», germoglia il verbo latino «sero». Interessante notare, in questo caso, come «sero», nella lingua latina, non esprima uno, ma ben due verbi.

2A-In primo luogo «sero» significa, come è giusto e naturale che sia, «intrecciare/concatenare».
E in tal caso siamo pienamente connessi con «rèma» ed «èiro»;

2B-In secondo luogo, tuttavia, sussiste un altro verbo «sero», il quale significa «seminare/piantare».
Come non metterlo in relazione con «rèma» e «èiro» («intrecciare»): non è forse vero che il «seminare» è pienamente un atto di «intreccio» (terra-seme; donna-uomo)?
Ma ecco, in tal caso, che «rèma» ed «èiro» («intrecciare») arrivano a legarsi semanticamente proprio con «lògos» («raccogliere»): non è forse vero che il «seminare» (che è «intrecciare») diverrà il «raccogliere» (cf. Gal 6, 7-9)?

Giunto a tal punto, lo scrivente, pur non avendo assolutamente ultimato e soddisfatto il discorso, gradisce terminare qui il suo commento, sia perché le «eisegesi» (ovvero le interpretazioni azzardate) sono sempre dietro l’angolo, sia proprio per rendere palese e manifesto come la Parola di Dio non si possa esaurire in un commento, né in una univocità di senso esegetico, poiché se volessimo continuare a discernere nel merito, avremmo tantissimo altro da dire (e il lettore è invitato fortemente a dirlo e a meditarlo), ma non avremmo mai una conclusione, né tantomeno una soluzione.
Ecco perché l’iniziazione alla fede (a cui non basta una eloquente traduzione) è indispensabile, e in ciò è fondamentale il ruolo della Chiesa.
Nessuna interpretazione, infatti, può essere esclusa o penalizzata, poiché sconfinato è il Soggetto verso cui si tende (come si può accogliere il mare in un bicchiere?); tuttavia è necessario che le molteplici intuizioni circa la Parola di Dio vengano sempre incanalate all’interno della Tradizione e del Magistero della Chiesa, altrimenti ciascuno di noi avrebbe il «mio dio» (cf. TESTIMONIÒ), in questo caso si, manipolando la Scrittura.
La facile contestazione direbbe che è meglio avere il «mio dio», piuttosto che un dio imposto artatamente da una istituzione: ma la Chiesa non è stata istituita da uomini, ma dal Signore Gesù; inoltre è Lui che, tramite la Chiesa, rivela la sua Parola. Tutto questo non è eisegesi o esegesi dello scrivente, ma Parola di Dio: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 17-19).

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Vista (dal Getsemani) verso il Tempio di Gerusalemme (in primo piano la Porta del Messia)

Per completezza lessicale, però, per terminare il discorso dobbiamo per lo meno accennare ad altri due punti
2C-Il verbo latino «sero», oltre a valere tanto «intrecciare» (2A) quanto «seminare» (2A), esprime anche il significato di «chiudere/aprire». Sembra una evidente contraddizione (o apro, o chiudo!), e sembra in aperta disconnessione coi due significati sopra.
Tuttavia, prestando bene attenzione, non è forse vero che quando c’è un «intreccio», le singolarità si annullano («chiudono»), ma si «aprono» al germogliare di una nuova realtà?
Inoltre, non è forse vero che il «seme» annulla il suo essere tale («chiudere»), per dischiudersi («aprire») nel virgulto di una nuova vita?

Ma non basta: non è forse vero che il «Lògos» si è «intrecciato» («rèma») alla natura umana?
Non è forse vero che il «Lògos» si è «seminato» («rèma») nella natura umana?
Non è forse vero che il «Lògos» è la Porta, che tanto chiude quanto apre («rèma». Cf. MARE).

2D-Infine, e il lettore ci conceda una nota morale ed una chiusa spirituale, in latino esiste «sero» anche come avverbio, ed esso significa «tardi/troppo_tardi», ma anche «di_sera/a_notte».
Questa duplice esplicazione ci porta a suggerire giusto due riflessioni. Su tutte le altre possibili, mediti il lettore.
Prestiamo bene attenzione alla confusione che proviene dal «seducente teologo del pane»: la «Parola», non è la «notte» dei piaceri, ma la «Luce» che viene a splendere nella notte (cf. Gv 8, 12).
Prestiamo bene attenzione alla confusione che proviene dal «seducente teologo del pane»: se la «Parola» sembra tardare nelle vicende della nostra vita, non significa che non esiste; non addormentiamoci senza olio (cf. Mt 25, 1-13).

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/


Letture della Domenica
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – festa
Colore liturgico: BIANCO

Prima Lettura

Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate.Dal libro del profeta Malachìa

Ml 3,1-4

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 23 (24)

R. Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria. R.

Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia. R.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria. R.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria. R.

Seconda Lettura

Doveva rendersi in tutto simile ai fratelli.Dalla lettera agli Ebrei

Eb 2, 14-18

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

Parola di Dio

Vangelo

I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2, 22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore-  come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.

Parola del Signore

Oppure:

(Forma breve)

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 2,22-32

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Parola del Signore.

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