Li chiamò a sé, chiamò a sé quelli che voleva, ne costituì Dodici perché stessero con Lui per mandarli a predicare e a scacciare i demoni, uno lo rinnegò, un altro lo tradì.
Lo stare con Lui è frutto di chiamata non di esempi che sanno di idolatria. Lo stare con Lui non è fine a se stesso, è stare per essere mandati grazie all’essere chiamati, non grazie ad una nostra idea. L’essere mandati non è salvo grazie al dire parole; in noi è naturale, e nessuno ce lo toglie, il tradimento anche per eccesivo zelo. In fondo in fondo noi pensiamo che sia roba da matti fare quello che Lui dice. La prontezza ad alleggerire il senso di quanto ci dona è l’atteggiamento più pronto che c’è in noi.
Magari siamo gente ligia al dovere e viviamo tutta la predicazione a cui siamo mandati, che non è roba da chiacchiere, con l’intenzione di essere puri. Nel passato la purezza era l’idolo della sessualità, oggi la purezza è l’idolo della razza, roba per i nostri e non per gli altri. Come se Gesù ci avesse mandato solo ai nostri e non a tutti. Siamo facili per purezza, e direi per paura, a chiudere le porte della vita e a chiudere le porte del Paradiso agli altri, ai molti, a quelli che non sono dei nostri.
Tutto per paura di perdere l’identità. Non ci accorgiamo che più chiudiamo e più la paura aumenta. La celebrazione del giorno della memoria, della fine dei maledetti campi di concentramento nazisti, ne può essere un segno. Più il popolo di Israele si chiude per paura e più fa crescere l’odio intorno a sé, odio da cui si salva solo con le armi grazie ai riccastri ebrei Statunitensi. Se venissero meno quelli non so quanto durerebbe lo stato di Israele. Ma a parte questo, ciò che ci interessa è che la paura da cui ci difendiamo è obbligata a crescere: più ci difendiamo da lei e più cresce. Più vogliamo la purezza della razza e dell’identità e più l’accerchiamento si stringe intorno a noi. Senza accorgerci, noi italiani, finiamo per credere che i nemici siano ovunque e dunque che ogni mezzo sia legittimo per difenderci. La gente impaurita è pronta ad accettare qualsiasi opzione da parte del potere che non ha più nulla di democratico. Preferiamo, in nome della purezza, l’epurazione alla democrazia.
L’idea di purezza chiede ordine e pulizia appellandosi ad usi e costumi che ben poco hanno a che vedere col vangelo. Ci si oppone al mescolamento, alla pluralità, alla diversità: il diverso diventa barbaro, gente da tenere a distanza. In nome della purezza noi giustifichiamo ogni epurazione, compresa quella degli ebrei nella seconda guerra mondiale, compresa quella degli stranieri oggi. Paolo e Pietro non avrebbero mai potuto arrivare a Roma, se ci fossimo stati noi ai tempi.
Noi padani siamo gente brava e lavoratrice e intelligente perché bastardi. Tutti sono passati sulle nostre terre: dai romani, ai barbari di ogni genere e tipo, ai francesi, agli spagnoli, austrici e tedeschi. Persino i mongoli nella seconda guerra mondiale sono passati da noi e dove passano i soldati, togliamoci le bende dagli occhi, i nati bastardi si moltiplicano.
Andate e predicate il vangelo col senso di purezza ha portato, nei secoli, a divisioni dolorose. Pensiamo alle più evidenti: fra cattolici e ortodossi prima, fra cattolici e protestanti poi. Tutto e tutti in nome di Cristo, il più bello e il più puro. Grazie a questo siamo giunti alla follia religiosa. Pensiamo a quante guerre ci siamo fatte, e ci stiamo facendo, nel nome dei nostri monoteismi: il nome di Dio è diventato, lungo i secoli, il grido di guerra. In nome dello stesso Dio ci siamo combattuti e, in nome dello stesso Dio, ci siamo distrutti a vicenda.
Un’identità forte di cosa e di chi siamo è capace di venire a contatto, di esporsi, di dialogare, di interagire creativamente con le diversità. L’identità debole, che ha come segnale la paura e la ricerca di purezza, crede di rafforzarsi separandosi, difendendosi, pretendendo di salvaguardare una chimera magari con tratti religiosi, una incontaminata purezza che crea solo gente handicappata: tutto questo è un’illusione che porta morte, non vita.
State con me, ci dice Gesù, andate a predicare il dono del Padre che non ha bastardi. Se pensiamo a cosa abbiamo fatto diventare il Battesimo: roba dove chi lo aveva ricevuto era figlio e chi non l’aveva ricevuto era bastardo, non era figlio di Dio. In nome di questa purità abbiamo fatto guerre e abbiamo distrutto civiltà stupende. Cosa che politicamente, magari utilizzando la bandiera delle famiglie certe e di identità di genere chiare, stiamo facendo di nuovo. Tutta paura portata a governarci la vita e la paura, quando governa la vita, è mortifera per noi e per gli altri.
Andate e predicate a tutti, fate quello che sono, non abbiate timore se nel vostro cuore mi credete pazzo, passate oltre e vedete la bellezza di una fede senza frontiere, attenta alle persone più che alle chimere mediatiche e teoriche, quei pregiudizi che ci chiudono il cuore anche quando il nostro cuore è aperto. Non abbiate timore, ci dice il Signore, io ho vinto il mondo vendicandomi della violenza del mondo sommergendolo con un abbraccio di amore. Laddove c’è violenza e divisione io ho portato misericordia e concordia: questo siete chiamati a predicare, vale a dire a testimoniare. Tutto ciò che questo non è, non è vangelo e dunque non è vita. Smettiamola di usare il nome di Dio per combattere i nostri fratelli: è cosa insana e perversa perché uccide la nostra identità per paura di perderla. La nostra identità di figli, la nostra umanità, noi la uccidiamo facendo vincere la paura ed agendo per paura vedendo nemici ovunque, soprattutto se questi nemici sono poveri e poveracci.
Lasciamoci chiamare per nome, stiamo con Lui e viviamo la bellezza dell’essere come Lui: figli della pace, figli della luce, figli veri del Padre pur essendo di genia bastarda come razza umana.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
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Chiamò a sé quelli che voleva perché stessero con lui.