Come un grande processo
A volte la vita ci sembra un grande processo nel quale giochiamo diversi ruoli. Alcuni si cronicizzano nella stessa parte, altri preferiscono spostarsi da un ruolo all’altro. Può capitare infatti di sentirsi accusati, messi appunto sotto processo, ma tante volte siamo noi stessi, almeno nei nostri pensieri, gli accusatori degli altri. Ma uno dei ruoli più gettonati è certamente quello del giudice: amiamo dare sentenze, stabilire le condanne, essere implacabili e senza misericordia. Nei processi c’è però anche un altro ruolo meno ricercato, più compromettente, ritenuto purtroppo persino irrilevante, è il ruolo del testimone, di colui che effettivamente ha visto, ha fatto un’esperienza, e per questo può parlarne.
È probabile che anche l’evangelista Giovanni abbia avuto la percezione della vita come un processo, perché racchiude tutto il suo racconto dentro una grande inclusione costituita proprio dall’immagine del testimone: all’inizio del suo racconto, nel primo capitolo (v.32 e 34), Giovanni Battista si presenta come testimone di Gesù; alla fine del Vangelo (Gv 19,35), l’evangelista stesso si presenta come il testimone di quello che ha visto.
Testimoni nostro malgrado
La nostra vita è inevitabilmente una testimonianza. Noi parliamo, che lo vogliamo o no. La nostra vita parla, ma può dire anche cose false. Quando non c’è coerenza tra la nostra esperienza e le nostre parole, la nostra vita è una falsa testimonianza. Non solo. Quando ci chiudiamo nelle nostre fantasie, quando inventiamo racconti improbabili e infondati sugli altri, quando lanciamo accuse e diffondiamo pettegolezzi, quando insinuiamo pregiudizi senza fondamento solo per guadagnarci la nostra parte di popolarità e di successo, noi siamo falsi testimoni. E allora non dovremmo mai dimenticare che, come nei tribunali, anche nella vita, la falsa testimonianza è un reato che avrà inevitabilmente delle conseguenze. Se la nostra testimonianza è falsa, siamo imputabili e ne pagheremo le conseguenze prima o poi.
Prima vedere, poi parlare
Giovanni Battista ci ricorda infatti che c’è una correlazione tra il vedere e il parlare: proprio perché ha visto con i suoi occhi, proprio perché ha fatto esperienza, allora si permette di parlare. Anzi, per Giovanni Battista c’è un’azione che è ancora precedente alla dinamica della testimonianza: egli ha ascoltato Dio. È l’appello alla vita che riguarda ognuno di noi: Dio ci chiama nei contesti in cui abitiamo, ci mette dentro le situazioni della nostra storia, affinché ne diventiamo testimoni. Non capitiamo per caso dentro le vicende della vita: è lì che siamo chiamati a stare per diventare testimoni, non per sentirci sempre imputati o per divertirci a giocare al giudice onnipotente o all’accusatore spietato.
La realtà è superiore all’idea
Forse non a caso, Papa Francesco ha sentito l’esigenza di ricordarci, nella Evangelii gaudium (n.233), che la realtà è superiore all’idea. L’uomo contemporaneo pensa infatti che solo perché nella sua testa c’è un desiderio o un progetto, automaticamente si realizzerà o è immancabilmente possibile. E per questo ci stupiamo di trovarci di fronte a una realtà che non procede secondo le nostre previsioni. Bisogna invece guardare la realtà e poi possiamo provare a immaginare come sarebbe possibile trasformarla. Giovanni Battista riconosce infatti che non conosceva Gesù, ma non si è chiuso nelle sue fantasie o nei suoi pregiudizi, si è sforzato invece di creare le condizioni affinché potesse incontrarlo realmente. Molti nostri giudizi impietosi sulle persone nascono dal fatto che non le conosciamo veramente.
L’agnello e la colomba
La ricchezza della nostra esperienza non può mai essere tradotta esattamente e pienamente attraverso le parole, per questo Giovanni Battista usa delle immagini, che provano a raccontare qualcosa di quello che ha vissuto. Egli usa due immagini: l’agnello e la colomba. L’agnello rimanda infatti alla Pasqua. È l’animale sacrificato, che prende il nostro posto nella morte. È l’agnello che ricorda la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, quello che i nostri padri mangiarono in fretta. In Gesù c’è questa ricapitolazione della storia, è l’eccedenza dell’amore che non si può racchiudere dentro una definizione.
Allo stesso modo la colomba ricorda la presenza dello Spirito che attraversa tutta la Sacra Scrittura e che trova compimento in Gesù. È lo Spirito che aleggiava sulle acque, è lo Spirito che attesta la fine del diluvio, è lo Spirito che racconta l’amore di Dio per l’umanità sua sposa.
Le nostre parole al contrario sono spesso povere, senza la profondità delle immagini. Chiudiamo il mondo dentro pensieri molto piccoli che ci fanno perdere la bellezza della realtà. Ma la cosa più grave accade quando queste parole, così povere, frettolose e gridate, sono persino parole false. Quelle parole sono nostre, sono di chi le pronuncia, e fanno di noi dei falsi testimoni.
Leggersi dentro
- Sei pronto a chiedere perdono, anche nel sacramento della riconciliazione, per la tua falsa testimonianza, per il pettegolezzo e le insinuazioni?
- Sei consapevole di non essere solo vittima delle situazioni, ma che a volte diventi anche giudice e accusatore?
P. Gaetano Piccolo S.I.
Compagnia di Gesù (Societas Iesu) – Fonte
Letture della Domenica
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
Colore liturgico: VERDE
Prima Lettura
Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza.
Dal libro del profeta Isaìa
Is 49,3.5-6
Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 39 (40)
R. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. R.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». R.
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». R.
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. R.
Seconda Lettura
Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1 Cor 1,1-3
Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Parola di Dio
Vangelo
Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1, 29-34
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Parola del Signore