Prova compassione verso il lebbroso, il Signore. Non disprezzo, come capitava abitualmente, pensando che la malattia fosse la punizione divina per chissà quali terribili peccati! E Gesù trasgredisce la legge degli uomini, toccando l’impuro; ma non è questi a contagiare Gesù con la propria impurità, ma Gesù che lo contagia con la propria salvezza.
Gesù si sporca le mani, si compromette, si mette in gioco, da del suo. Non ha paura del giudizio degli altri, egli vede il dolore e la solitudine di un malato reso tale dalla propria condizione fisica e dalla distorta visione della realtà da parte dei suoi concittadini. Gesù ne ha compassione, perché conosce il demone impuro dell’uomo che lo trascina nelle bassezze del giudizio e nel fango della meschinità. E lo salva.
Ci salva. Il lebbroso è restituito alla sua dignità e Gesù lo richiama alla legge di Dio: è invitato ad andare dal sacerdote che ne certifichi la guarigione per riammetterlo nella comunità. Deve tacere, il lebbroso, Gesù non vuole il merito di una guarigione che, lui per primo, attribuisce al Padre. Deve tacere, il lebbroso, Gesù non vuole essere scambiato per un maghetto che fa miracoli, per un guru che risolve i problemi.
Fossimo capaci di ascoltarlo e smettere di cercare Dio perché ci risolva i problemi!