L’Epifania nei discorsi di papa Benedetto XVI

662

L’avvicinarsi dell’Epifania mi ha portato a rileggere le omelie e i discorsi di papa Benedetto XVI relative al suo primo viaggio in Germania nell’agosto del 2005 quando, in occasione della XX GMG, si era recato a Colonia come “pellegrino” sulle orme dei Magi, le cui reliquie sono conservate nel Duomo di quella città.

L’esperienza dei Magi – dice papa Benedetto – è significativa. Essi erano partiti per incontrare un Re e la loro ricerca di questo Re neonato finisce davanti a un bimbo di povera gente. Possiamo immaginare – commenta il papa – lo stupore dei Magi davanti al Bambino in fasce! Solo la fede permise loro di riconoscere nei tratti di quel bambino il Re che cercavano. Il Dio verso il quale la stella li aveva orientati (Discorso, 18.8.05).

Il Dio che si mostra ai Magi è un Dio differente da come se lo erano immaginato, un Dio che manifesta la sua potenza nella debolezza, un Dio che sceglie di donarsi piuttosto che di farsi servire, un Dio che trasforma radicalmente anche l’idea che essi hanno dell’uomo e di se stessi, un Dio che fa capire loro che devono essere e sentire diversamente se vogliono davvero adorare questo Dio: I Magi – egli osserva – dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull’uomo (Discorso, 20.8.05).

Il Dio della mangiatoia ci insegna infatti che dobbiamo imparare a servire piuttosto che a farci servire, a fare dono di noi stessi – un dono minore non basta per questo Re (ib.) -, che dobbiamo imparare che il potere si esercita non con la forza – a Gesù nell’Orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo (ib.) – ma nella verità, nella bontà, nel perdono, nella misericordia; questo Dio ci insegna che dobbiamo imparare a perdere noi stessi e così a trovare noi stessi.

Sono questi paradossi che costituiscono l’essenza del cristiano, che ne fanno uno che è disposto a ricominciare, a perdonare, a fare dono di sé, a rinunciare oppure ad intraprendere sull’esempio di Gesù che nella sua Epifania annuncia al mondo questo modo assolutamente nuovo, contrario alle aspettative della gente, di essere re e di essere uomini.