Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 21 Dicembre 2019

Le prime pagine del vangelo secondo Luca, dopo quelle matteane, ci accompagnano nelle Ferie maggiori di Avvento: sono giorni protesi verso la celebrazione del Natale del Signore, mistero della Parola fatta carne che viene a prendere dimora in noi e tra di noi, che viene a illuminare i nostri giorni della sua pienezza, anche e proprio laddove ci sentiamo così incompiuti, così fragili, così nelle tenebre.

Oggi lo sguardo si focalizza sull’episodio della Visitazione, abbraccio tra Maria ed Elisabetta, abbraccio di vita che si irradia, abbraccio di grembi gioiosi – incontro tra il Messia atteso da Israele e il Precursore, tra la Parola e la Voce che la annuncia, che apre la sua strada chiamando tutti e ciascuno a concentrare lo sguardo su di lui, a fargli spazio.

Maria si mette in cammino con un’urgenza interiore, un fuoco che le dona forza e audacia. La Scrittura ci racconta di molti cammini: pensiamo ad Abramo che “per fede, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8); pensiamo a Giovanni Battista, il figlio di cui Elisabetta sarà madre, che si addentra nel deserto dove “cresceva e si fortificava nello spirito” (Lc 1,80). In queste parole si intravvede anche il cammino di Gesù, il Figlio dell’uomo che Maria porta in grembo, che a Nazaret “cresceva in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52).

Per ciascuno accade, può accadere, di mettersi per via, con altri o da soli, facendo fiducia a una parola intuita, percepita, ascoltata. A fronte di dubbi, resistenze e contraddizioni, può accadere che a farci camminare sia quell’unica voce tenace, grido nel deserto o balsamo silenzioso della sera. 

Può accadere di mettersi in cammino come la giovane Maria che, non in un andare in piano bensì un andare chiamato a salire la montagna, va incontro all’anziana Elisabetta: nel loro farsi prossime è donato loro di riconoscere l’approssimarsi di Dio, la visita del Verbo che si fa carne, del Verbo che si fa voce. Il loro incontrarsi rende manifesta la sovrabbondanza di vita, ossia l’incontro con il Signore. Maria ed Elisabetta, colmate di Spirito santo, riconoscono la presenza del Signore in loro e fra di loro, la annunciano con la loro vita, offrono una dimora al Signore. Come canta il salmista: “Non concederò il sonno ai miei occhi, né l’assopimento alle mie palpebre, finché io non divento una dimora per il Signore” (Sal 132,4-5a Targum). 

L’incontro si compie nel riconoscere la presenza del Signore. Anche a ciascuno di noi è chiesto di riconoscere la sua presenza come ha fatto Giovanni il Battista, di riconoscerla in una parola o in una visita, in un fiore o in un sasso; e di gioire di questo approssimarsi della Parola, di rendere grazie anche se il cammino ci sembra, o è davvero, tanto scosceso e incomprensibile.

La buona notizia di oggi si conclude con una beatitudine rivolta a Maria, beatitudine che dilata. Che il Signore Veniente conceda a ciascuno di mettersi in cammino e di osare tentare di credere nell’“adempimento delle parole del Signore”, nel compiersi della promessa di vita del Dio-con-noi, secondo i modi e i tempi che lui mostrerà!

sorella Silvia

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1, 39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.

Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Parola del Signore

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