La storia di (San) Giuseppe

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La dinamica dell’incarnazione è oggi possibile intravederla nella storia di Giuseppe, così come ce la narra il vangelo di Matteo. In lui la presenza di Dio si fa scorgere all’interno di un umanissimo e normalissimo comportamento: la perplessità, il dubbio, la necessità di fermarsi per comprendere il da farsi davanti ad un fatto inatteso e sconvolgente. “Mentre stava pensando a queste cose” Dio gli parla, dice il vangelo. Il “sogno” – che nel linguaggio biblico è sinonimo di rivelazione divina – avviene mentre sta pensando, attività umanissima! Non mentre sta dormendo, ma mentre sta vigilando, sta vivendo fino in fondo, da uomo sveglio e pensoso, la situazione di quel momento. E’ dunque mentre come ogni persona sta cercando di riflettere sull’accaduto, che Dio gli dona di trovare un senso nuovo a ciò che gli capitando, rendendolo capace di vedere le cose da un altro punto di vista. Non fuori da una normale attività di riflessione, ma al suo interno, grazie ad essa e tramite essa, Dio si fa presente nella vita di Giuseppe.

Lo straordinario si riveste di ordinarietà per farsi vicino alla sua vita di uomo. E così è per il movimento inverso: il dono di questa rivelazione diventa per Giuseppe l’inizio di un cammino umano di maggiore responsabilità e di paternità: “prese con sé la sua sposa”, conclude l’evangelista, indicando l’inizio di una storia familiare che avrebbe percorso il cammino di tutte le famiglie degli uomini e delle donne, con le sue gioie e le sue fatiche. La grazia di Dio diventa in lui responsabilità umana, la rafforza aiutando il pensiero di Giuseppe a diventare scelta di vita, atteggiamento che sa custodire ed amare: non è forse come “custode” che noi ricordiamo la figura di Giuseppe? E custodia non è l’umana, quotidiana scelta di ogni amante autentico, che sa farsi premura e protezione per l’amato? Il dono di Dio spinge Giuseppe verso la normalità e la pienezza della sua vita, in cui riflessione e amore, pensiero e decisione, timore pensoso e coraggio di camminare verso il futuro, ricominciano il loro cammino.

I doni di Dio traboccano sempre, dunque, in itinerari umani. E’ la legge dell’incarnazione.

San Giuseppe, il Padre che ha protetto Maria e accompagnato Gesù

San Giuseppe, ormai accreditato come esemplare capofamiglia tanto che il giorno della sua festa (19 marzo) è dedicato, appunto, a tutti i papà in realtà dovette confrontarsi continuamente con il vero “Padre” per eccellenza, che ne ha segnato l’esistenza, che si è intromesso continuamente nel suo cammino, sconvolgendo spesso i criteri comuni, i legittimi sogni e le abituali vie, proprie della nostra umanità.

Quale inaspettata vocazione attendeva quell’uomo, mite e buono; “giusto”, come sobriamente annota il Vangelo di Matteo!

Lui, padre “putativo”, ha dovuto fare i conti con la Volontà di un Padre infinitamente più grande, che gli ha posto improvvisamente innanzi l’esigenza di incarnare un amore purissimo, verginale, per la più bella e la più santa delle creature: l’Immacolata. Come se ciò non bastasse, fu addirittura chiamato dal Cielo a custodire il tesoro più prezioso, accogliendo, sotto il suo tetto -nella sua casa!- il Signore, il Dio degli eserciti.

Colui che ha creato i cieli con la sua Parola visse con lui, nella famigliarità di Nazareth, imparando a crescere e a diventare uomo attraverso i gesti e le parole di Maria Santissima e del suo Sposo, con il quale Gesù ha lavorato, come apprendista, nella bottega di carpentiere; assimilando i segreti di quell’arte e condividendo la fatica di ogni giorno, come qualunque operaio, in un mirabile scambio di ruoli  tra Creatore e creatura- per il quale l’Onnipotente si è messo umilmente alla scuola dei suoi cari.

È difficile cercare di comprendere che cosa abbia attraversato il cuore di Giuseppe nell’ora della prova, quando scorse i segni inequivocabili di una gravidanza inattesa. Tutto è riassunto in pochi e rapidi tratti, perfetti nella loro sobrietà: mentre pensava a queste cose…

Mentre, nell’ora dell’angoscia, elevava la sua sofferta preghiera all’Altissimo, la luce di una sorprendente rivelazione consolava inaspettatamente il cuore. I disegni di Dio sono sempre imperscrutabili, inaccessibili le sue vie. Ci sono voluti Angeli e visioni notturne per provare a capirne qualcosa in più, per accedere, pur timidamente, al cuore del Mistero, che andava realizzandosi nel purissimo seno di Maria.

Senza arrendersi mai, quell’uomo buono si è rimesso sempre in marcia. Ha camminato verso Betlemme; con lo stupore di un bimbo ha inteso i Serafini esultare e i Pastori adorare suo figlio, in quella povera stalla. Ha percorso le vie dell’esilio, ha proseguito, per lunghi anni, a servire la sua Sposa e Gesù nella dimora di Nazareth, tra il lavoro, il sudore, la preghiera e i ritmi della vita quotidiana.

Con un amore che non ha eguali, a cui nessun anima potrà mai pervenire, ha protetto e venerato Maria Santissima, con una confidenza e intimità e, al tempo stesso, con una discrezione incomparabili.

Le vie di Dio Padre si sono intrecciate con la sua vita. Ha accettato tutto: di essere padre, senza aver generato suo figlio; di vedere Gesù preso dalle cose del Padre suo, in un rapporto esclusivo, che sovrastava qualunque altro legame.

Tutto ha accettato, senza gelosie, in silenzio, in un silenzio che impressiona, che quasi “scandalizza” per la sua fede illimitata, che ci fa piangere di tenerezza pensando alla sua totale e irrevocabile fiducia nel Signore.

Tutto ha offerto senza ripensamenti o rimorsi o cedimenti, perché quello era il volere di Jahvé, quella era la Volontà del Padre, di suo Padre, di cui lui ha avuto la impareggiabile grazia di rappresentare in terra l’immagine più credibile e amabile.

Con lui ripercorriamo i passi nella fede di chi ha posto la sua totale fiducia nell’Altissimo, non come passivo esecutore di comandi, ma con la piena coscienza e responsabilità di cooperare, da protagonista, a un progetto universale di salvezza, con lo stile sobrio e riservato di chi ama, lavora e opera in silenzio, sotto il solo sguardo di Dio.

Tutti abbiamo bisogno di un Padre così, in Cielo, ma anche sulla terra, e non soltanto per avere un riferimento rassicurante -che aiuti a superare i momenti di smarrimento e il vuoto della vita- quanto piuttosto per ritrovare continuamente il senso e la fragranza del nostro cammino, riscoprendo la bellezza delle nostre origini e lo splendore di un orizzonte di luce, che si apre dinanzi agli occhi.

Abbiamo bisogno dell’amore forte e senza riserve di chi ci ha generati alla esistenza, ma che sappia anche accompagnare i nostri passi, ridare vigore nella stanchezza, sdrammatizzare nei momenti della prova, indicare la strada. Abbiamo bisogno di padri che sappiano dialogare con i propri figli, anche se spesso è difficile guardarsi negli occhi, per quell’innato pudore che crea riservatezza e imbarazzo, ma che l’affetto aiuta a sciogliere e a far fiorire in un sorriso confidente.

Abbiamo bisogno di chi sappia sognare la vita con noi, magari complice delle nostre ingenue birichinate infantili o delle nostre fantasie adolescenziali, ma capace anche di ricondurci alla realtà e di aiutarci ad affrontare, con maturità e responsabilità, la fatica quotidiana. Non si è padri solo perché biologicamente genitori, ma in quanto si dona la vita ai propri figli momento per momento, attraverso il sacrificio quotidiano, il proprio esempio, il dialogo e la preghiera.

L’assenza dei genitori è una delle rovine più gravi della nostra epoca, che provoca profonde ferite nel cuore dei ragazzi. Presi dalle proprie occupazioni o vittime delle frequenti sciagure che investono le famiglie incomprensioni, separazioni, divisioni- spesso non si ha il tempo da dedicare ai figli.

Abbiamo bisogno, oggi più che mai, della intercessione e della benedizione di quell’umile falegname, prescelto da Dio a custodire la Sacra Famiglia e tutte le nostre case. Per la sua preghiera e per i meriti della sua eroica Fede ritorni la luce e la pace nel nostro spirito. Come lui, impariamo a dedicarci instancabilmente alle cose di Dio e a essere i premurosi custodi della sua Grazia, nel cuore dei nostri cari.

Tratto da “Maria di Fatima”, mensile della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria