don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo di domenica 24 Novembre 2019

«Tu sei re?» domanda Pilato a Gesù (cfr. Mt 27, 11 e parr.). Proprio tu? Tu che non hai in mano nulla e nessuno? Proprio tu che ti sei messo come oggetto nelle mani di tutti? Tu che sei un condannato a morte, ora pretendi, come sovrano, di dare la vita?

«Tu sei re?». Tu che entri, come in una parodia, nella città santa di Gerusalemme a dorso di un asino e non su un destriero valoroso, o su un carro simbolo di potere?

Ma che razza di re sei? Il re, da che mondo è mondo, ha il potere di comminare la morte per avere in cambio la vita, di mettere in croce gli altri per non essere messo in croce. Il re è una figura archetipa; è il sogno di tutti gli uomini diventare re e regina, per essere riconosciuti egregi, ossia ‘fuori dal gregge’ dell’umana avventura, per stare assisi sopra gli altri, non soccombere e nutrirsi dei tre grandi deliri di sempre: il potere, l’avere e il successo.

Sì, Gesù tu sei veramente re, ma di una regalità ‘altra’ e ‘oltre’ ogni regalità delirante. E ci hai svelato che il nostro sogno di diventare re non è assurdo, semplicemente perché re, e regine, lo siamo già. Basta prenderne consapevolezza: è la nostra vocazione più alta. E ci hai insegnato – in tutto il Vangelo – la via per questa regalità: ridonare dignità a chi l’ha infangata, rialzare dalla polvere i deboli e i fragili, chi non si è mai sentito ‘idoneo’, pulito o a posto. Far camminare i “paralitici”, i bloccati a terra da devastanti sensi di colpa e da leggi e norme promulgate da sacerdoti assetati di ordine e pulizia, e gettate addosso a povere creature incapaci di portarne il peso. Ridonare quella libertà cui agogniamo come l’aria per respirare e il pane da mangiare. Donare il ‘pane’ capace di sfamare la “fame” di senso che ciascuno si porta dentro, fame di esistenza, a differenza di tutti i re della terra disposti a saziare gente già sazia togliendo così il primo ed ultimo desiderio di vivere. Questo vuol dire essere re, vivere in maniera regale e fare di questo nostro mondo un regno diverso: saper dare il pane invece di prenderlo, dare la vita invece di toglierla, liberare dalla legge invece di imporla. Mettersi nelle mani degli uomini, e non tenere in mano nessuno.
Lavare i piedi e servire, e non schiavizzare gli altri ponendoli a proprio servizio.

Il vero re è colui che fa la verità, piuttosto che dirla.
Pilato la verità non l’ha fatta, ma se n’è riempito la bocca filosofando su essa: «Che cos’è la verità?» (Gv 18, 38).

«È re non chi ha autorità sulle persone in virtù del suo potere, bensì colui che con la sua vicinanza è fonte di felicità; egli dispone come fosse naturale di tutto il ‘potere’ che una persona possa mai avere su un’altra, ma possiede tale potere proprio perché non intende rivendicarne per sé alcuno. Ciò che egli vuole, se è veramente re, è soltanto promuovere la vita dell’altro» (E. Drewermann).

Il re, in ultima analisi, non è uno che dall’alto del suo scranno può fare a meno dell’umanità, ma è un cuore che sa che il motivo fondante dell’amore risiede nell’aver bisogno dell’altro per trovare la strada che conduce a sé stessi, ossia alla felicità. È solo amando l’altro che scopriremo chi siamo veramente.

«Ascolta Come mi batte forte il tuo cuore» (Wisława Szymorska)

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