La Fede è correre il rischio di sbagliare contro lo sbaglio di non rischiare
Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Manca poco al momento in cui Gesù sarebbe giunto a Gerusalemme a conclusione del suo viaggio verso la Città santa. Per tutti gli israeliti Gerusalemme era la meta del pellegrinaggio per eccellenza e per Gesù diventa il cammino del suo Esodo, attraverso il quale inaugura l’avvento del regno di Dio annunciato dai profeti. Non è un cammino facile e Gesù da una parte è contrastato da coloro che lo odiano e rifiutano il fatto che egli possa essere il messia promesso, dall’altra parte ci sono i suoi discepoli che devono gestire la relazione con lui soprattutto nel tempo nel quale essi si sentono distanti da Gesù perché non comprendono una serie di scelte che sta facendo.
La parabola vuole mettere a fuoco innanzitutto il rapporto tra Gesù, che sulla croce inaugurerà il nuovo regno d’Israele, e i suoi discepoli ai quali egli offre i tesori più grandi che sono i suoi insegnamenti. La parola di Gesù è come la moneta d’oro che viene data a ciascun servitore perché possa farla fruttificare. Così l’insegnamento del Signore non è un segreto da tenere nascosto, ma un tesoro da far moltiplicare.
La fede non è aver tutto chiaro di Dio, anzi soprattutto quando si è incerti sul futuro che bisogna affidare alla banca la moneta ricevuta. L’annuncio e l’ascolto della Parola di Dio, la testimonianza della carità fraterna sono il modo con il quale si fa fruttificare quello che Gesù ci affida. Solo fidandoci di Lui e sentendoci coinvolti nella sua azione che possiamo essere veramente persone responsabili. Anche se non abbiamo garanzie per il futuro la fede in Gesù ci spinge a fare con gli altri quello che Dio fa con noi. Egli con speranza e fiducia ci affida il suo tesoro: è la sapienza, cioè Gesù Cristo, il Suo figlio unigenito. I servi buoni sono tali non perché raggiungono obbiettivi aziendali stabiliti a priori, ma perché rischiano per Gesù.
Colui che si nasconde dietro la scusa di non aver chiaro il progetto di Dio e tiene nascosta la sua fede custodendola con cura in un inutile intimismo alla fine scopre di essersi perso perché ha lasciato perdere quello che invece lo avrebbe fatto più responsabile.
La paura è il contrario della fiducia e della speranza perché se queste ci spingono a rischiare la prima chi fa chiudere in noi stessi.
Non saremo giudicati per gli errori commessi perché abbiamo rischiato, ma per l’errore di non aver rischiato per paura di sbagliare.
Chi rischia per osare ad amare andando oltre il dubbio e la paura fa fruttificare i doni ricevuti e si responsabilizza sempre di più. Mentre chi non accetta di rischiare e anche di perdere, rimane sterile e bloccato nei suoi timori e nelle sue insicurezze.
Il regno di Dio si rende visibile e concreto non solo nelle azioni di Gesù, ma anche in quelle dei suoi discepoli allorquando “investono” con speranza la fede nelle forme di carità fraterna. Così l’amore di Dio fruttifica facendo aumentare il numero di coloro che aderiscono alla fede e che entrano a far parte del regno di Dio.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19, 11-28
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore