Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 17 Novembre 2019

Il Vangelo secondo Luca è composto da 24 capitoli. Per cercare di offrire un quadro semplice, ma esplicativo della situazione, diciamo che il 22 è “il capitolo dell’Ultima Cena”; il 23 è “il capitolo della Croce”; il 24 è “il capitolo della Risurrezione”.
Oggi la Sacra Liturgia ci propone un brano estratto dal capitolo 21: siamo quindi a ridosso del culmine.

Questo capitolo, che sulla base della classificazione codificata appena sopra si può definire “dell’Escatologia”, ha un enorme rilievo per gli storici dei Vangeli: tramite i versetti in esso contenuti, molti studiosi hanno ipotizzato che lo scritto lucano sia stato redatto posteriormente alla caduta di Gerusalemme (70 d.C.), perché in queste righe è richiamata, con buona precisione, la distruzione della Città Santa da parte dei Romani, comandati da Tito Flavio Vespasiano (il futuro imperatore Tito).
Tuttavia allo scrivente piace porre riflessione su un’altra nota.
Il fatto che 3 capitoli su 24 siano concentrati su 3 giorni, lasciando ai restanti 21 il racconto di una intera (straordinaria) vita, a rigor di proporzione denota come lo scopo dell’evangelista, l’intenzione dello scritto evangelico, l’obiettivo dell’evangelizzazione, sia il Triduo Pasquale.

Ci vengono a sostegno, a tal proposito, gli Atti degli Apostoli, in cui si narra come il “kèrugma” (proclamazione) di Pietro, e quindi dei primi testimoni, fosse proprio concentrato sull’annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo (cfr. At 2, 14-36); e ci viene a supporto anche la Parola dell’apostolo Paolo quando dice: “Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1Cor 15, 14).

Questa premessa, al di là dal proporre al lettore un quadro panoramico della vicenda lucana (in particolare), ed evangelica (in generale), ci serva come monito affinché ricordiamo sempre che possiamo attribuire a nostro Signore Gesù Cristo tutte le qualità possibili e immaginabili; possiamo proclamarlo narrando le vicende più miracolose ed eclatanti esibite dalla sua persona; possiamo celebrarlo cantando, ballando o declamando in maniera celestiale; ma se non abbiamo bene in testa (anche a memoria perché no!) che nostro Signore Gesù Cristo è Dio, Nato Morto e Risorto, vuota è la nostra fede, vuoto il nostro testimoniare.

Che lo Spirito Santo sorga nelle nostre bocche.

In questa odierna occasione, gradiremmo far ruotare la riflessione non attorno ad una parola emblematica, come ci è solito, bensì tenendo come centro un versetto, precisamente il NUMERO 8: “Rispose: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: ‘Sono io’, e: ‘Il tempo è vicino’. Non andate dietro a loro!”.
In tale estratto vogliamo focalizzare tre verbi.
1 – “lasciarvi ingannare
Come ci appartiene di prassi, andiamo direttamente al greco originale. Il verbo usato è “planethète” che è la coniugazione di “planào”, il quale vale certamente “ingannare”, ma il concetto andrebbe reso meglio con “fuorviare”, poiché con tale traduzione “figurata” possiamo percepire meglio quanto questo verbo riesca a contenere ed esprimere.
Ebbene, anche in italiano possiamo vedere l’immagine che “fuorviare” apparecchia: è “andare_fuori_dalla_via”. Infatti, dalla stessa radice di “planào” nasce “plànos” che intende, da sostantivo, “l’errare” (non è forse vero che “l’errare” significa sia “il vagare”, sia “lo sbagliare”?), e, da aggettivo, “errante” (che poi diviene per traslato “vagabondo/ingannatore”).
Ma scendiamo più in profondità: sempre dalla stessa radice vengono i verbi “plàzo” e “plèsso” che intendono “urtare/battere” (l’errare non nasce forse da un urto [fisico o morale che sia] che sposta l’indirizzo? Ma interessante è come l’urto possa essere non solo causa, ma anche conseguenza dell’errare), e, passando al latino, il verbo “plango” che significa tanto battere/perquotere” (cfr. anche “plecto”, ovvero “punire”) quanto “piangere”.
Che cos’è allora l’inganno?
Non è il “vagare” inteso come “cercare/(ri)cercare”, il quale è proprio della natura umana (il progresso umano è figlio del continuo cercare; inoltre tra Dio e l’uomo sussiste addirittura una ricerca reciproca), ma il “vagare” che è “errare”, ovvero “mosso da errore”, “che urta qua e là”, “percosso”, “disperato”.
Il “cercare” infatti (cfr. lat. “circa” e “circulus”) è il vagare che “ruota attorno”, ovvero “in cerchio”, come è proprio di colui il quale vuol trovare qualcosa. Certo: anche il “cercare” può subire degli “urti”, ma il suo percorso non sarà mai un “errare”, poiché non andrà mai al di fuori del “Circulus”.

L’inganno, invece, è il vagare smodato, il quale si illude di cercare, anzi, ritiene di cercare molto bene, poiché rimbalza dappertutto senza limiti, ma proprio perché è fuori dal “Circulus” esso non sta “cercando”, non si sta “concentrando”: si sta solo consumando.
Capiamo, quindi, come anche nell’uso delle parole il demonio scimmiotti il Signore: dapprima ci inganna suggerendoci di non cercare Dio, facendoci credere che cercarlo è inutile perché Egli è l’Ineffabile, talmente ineffabile che neanche esiste; e una volta convinti da ciò, inganna la nostra insita e inquieta sete di ricerca con l’errare. Ma, nel momento in cui avessimo la Grazia di comprendere che Colui, che ci cerca continuamente, vuole essere cercato, ci inganna suggerendoci di errare oltre il “Cerchio”, poiché Dio, che è l’Inspiegabile, non po’ trovarsi nel limite e nella prudenza (cfr. lat. “prudens” che significa “saggio/prudente”, ma proprio chi è “previdente” è colui “che_sa/che_conosce”).
A Dio, e all’uomo di Dio, appartiene il “cercare”, non l’ “errare”.

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La vite di Santa Rita, (Cascia [PG])

2 – “verranno
Nel greco originale, il verbo in questione è “eleùsontai” (coniugato da “èrkhomai” ovvero “venire/giungere”).
Come abbiamo fatto in altre occasioni, torniamo a “giocare” come facevano i rabbini, ovvero estrapolare parole da una parola, raffrontando un’assonanza o una somiglianza di radice, al fine di dare a quest’ultima una profondità di senso.
All’interno di “eleùsontai” si può ascoltare il respiro del verbo “leùso”, che è il futuro di “leùo”. Questo verbo (“leùo”) significa “coprire di pietre” ovvero “lapidare”.
La frase evangelica che oggi stiamo tenendo in esame recita: “Molti infatti verranno nel mio nome”. Ebbene: a seguito di questo “gioco” notevoli riflessioni si potrebbero fare, ed è gradito allo scrivente lasciare che il lettore continui a rendere “giocosa” la sua meditazione con questo spunto.

Una nota che possiamo offrire a corollario è la seguente: molto interessante è il fatto che “leùso”, oltre ad essere il futuro di “leùo” (lapidare), è anche il futuro di un altro verbo, ovvero “leùsso”, il quale si traduce con “vedere”, ma rilevante è la sua radice “leuk/luk” che propriamente significa “chiaro/limpido/bianco” (il lettore troverà facilmente anche in italiano termini e nomi con questa radice).

È doveroso essere sempre accorti ed attenti a chi abbiamo difronte; ed è opportuno discernere bene tutto quello che ci viene proposto. Il nome di nostro Signore Gesù Cristo è “segno di contraddizione” (cfr. Lc 2, 34), e in virtù di ciò può essere artatamente manipolato (e il Signore, nel pieno rispetto della libertà che ci ha donato, ci lascia fare anche questo!). Il demonio, che esiste e non è una fantasia (così come esiste e non è una fantasia l’inferno), adopera con imbroglio il nome del Signore: dobbiamo essere “assennati” (“frònimoi”) e “intatti” (“akèraioi” – cfr. Mt 10, 16), affinché la nostra vita scelga Gesù, e non “Bar_Abba” (ovvero, in aramaico, “Figlio_del_Padre” – cfr. Lc 23, 18).
(Giusto un cenno: secondo alcuni codici del Nuovo Testamento il nome di Barabba era Gesù. Per rendere al lettore un po’ di leggerezza, ci è gradito riportare uno stralcio di colloquio avvenuto tra lo scrivente ed un suo caro ed eccellente amico: “Barabba è un figlio di papà che scimmiotta Gesù, esattamente come i sessantottini di un tempo”).
3 – “Non andate
Ci rimane l’ultimo verbo. In greco è “poreuthète”, coniugato da “porèuo” ovvero “andare/venire”.
Come sempre occorre la radice per scavare nel profondo, e per cercare di comprendere il pieno senso del termine.
Ebbene, la radice “per/par” (da cui il sostantivo “pòros”, ovvero “passaggio” [cfr. l’italiano “poro”, “porta”, “porto”]), intende letteralmente “da_parte_a_parte”. Dello stesso seme di “porèuo”, infatti, e quindi recante in sé il medesimo senso, è il verbo “pèiro” che vale “infilzare”, o ancor più esplicativo “inchiodare”.
Non andate dietro a loro!” ci suggerisce Gesù. Ma più che un sollecito è il grido accorato del Signore: “Non inchiodatevi a chi mi ha inchiodato; non inchiodatevi a chi mi inchioda”.

Detto tutto questo, come salveremo la nostra vita? (v. 19)
Nella lettura odierna nostro Signore Gesù Cristo ci risponde affermando: “Con la vostra perseveranza”.
Nel greco originale “upomonè” vale certamente “perseveranza/persistenza”, ma letteralmente significa “restare_indietro” (“upò” [“sotto/indietro/fuori] + “mèno” [stare/restare]).
Quante volte schiodare nostro Signore Gesù Cristo dalla croce, ovvero rifiutarsi di inchiodarlo alla croce (con tutti i nostri limiti, difetti e peccati sia chiaro!), altro non significa che essere additati come retrogradi?
Quante volte rifiutarsi di lapidare il chiarissimo nome del Signore nostro Gesù Cristo, ovvero proclamarsi seguaci di Colui che il mondo lapida (con tutti i nostri limiti, difetti e peccati sia chiaro!), altro non significa che essere proposti come retrivi?
Coraggio!
Salveremo la vita non errando, ma restando indietro!

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/

Letture della
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Sorgerà per voi il sole di giustizia.

Dal libro del profeta Malachìa
Ml 3,19-20a

 
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
 
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
 
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 97 (98)
R. Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore. R.
 
Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra. R.
 
Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine. R.

Seconda Lettura

Chi non vuole lavorare, neppure mangi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 3,7-2

 
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
 
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
 
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Parola di Dio

Vangelo

Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,5-19

 
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
 
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Parola del Signore

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